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Mi ero appuntato questi versi (Giovanni Marradi – 1868), non ricordo da dove, forse dalla prefazione di una biografia Verdiana letta qualche mese fa. Mi pare il momento adatto per tirarli fuori e condividerli sebbene, ad una rilettura attenta, mi appaiano ora sin troppo ottimistici (altro che vegetare nell’ignavia, qua si cavalca, tutt’altro che liberi, verso il baratro…).
E vegetiam fra il tedio
Di giorni oscuri e ignavi
Fra mediocri despoti
Né liberi né schiavi