Generalizzazioni pericolose
Sarebbe ora di finirla di questi commenti “sì, ma…”, del tipo «muoiono più ciclisti, ma se la sono cercata…».
«Il 71 per cento gira senza casco». «E allora?» mi vien da dire «mica è obbligatorio…» (e per fortuna!).
Sono generalizzazioni pericolose.
E probabilmente anche sbagliate dato che, stante il numero di ciclisti circolanti in città (alcune migliaia, almeno), dovremmo vederne a decine (il 4%) trainati dalle auto, mentre davvero non si hanno ricordi di simili immagini in giro per le nostre strade.
Nemmeno giova mescolare gli obblighi di legge, come i fanali e i catarifrangenti dopo il tramonto, con i suggerimenti del buon senso (casco, giubbetto e specchietto, non obbligatori): crea solo confusione sulla normativa e risentimento sociale nei confronti di un’intera categoria che andrebbe invece sostenuta.
Infine, inutile notare come la foto non sia certo un esempio di comunicazione positiva (che non vuol dire nascondere la realtà, ma almeno non creare associazioni mentali vecchie e stantie, decisamente poco moderne). La foto odierna fa il paio con la foto della famiglia in bici a commento dell’impoverimento del ceto medio, comparsa su questo stesso quotidiano circa dieci mesi fa. Segno che la redazione del quotidiano “L’Arena” non impara dai suoi errori. Segno che c’è ancora molta strada da fare.
I molti ciclisti quotidiani rispettosi delle regole non possono condividere questi toni e questo stile comunicativo; spiace, molto. I ciclisti (quelli buoni, che sono la maggioranza, purtroppo ancora troppo poco visibile, in una città dominata -anche culturalmente- dalle auto) pedalando portano un gran beneficio alla città, oltre che a loro stessi. Andrebbero trattati con maggiore attenzione e rispetto.
A partire dai media.