Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 La donna che canta (Incendies)

 
pic_movie_815   NUM   815  
  DATA E CINEMA   2011.02.28 KAPPADUE (CINEF 48-18)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Denis Villeneuve  
  ATTORI   Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Rémy Girard  
  PRODUTTORE   micro_scope  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   Canada, Francia  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2010  
  DURATA   130 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   http://www.incendies-lefilm.com  
 
 
 

DESCRIZIONE   Quando il notaio Lebel (Remy Girard), legge a Jeanne e Simon Marwan (Melissa Desormeaux-Poulin, Maxim Gaudette) il testamento della loro madre Nawal (Lubna Azabal), i gemelli restano scioccati nel vedersi porgere due buste, una destinata ad un padre che credevano morto e l'altra ad un fratello di cui ignoravano l'esistenza. Jeanne vede in questo lascito enigmatico, la chiave del silenzio di Nawal, chiusa in un mutismo inesplicabile durante le ultime settimane precedenti la sua morte. Decide di partire subito per il Medio Oriente per riesumare il passato di questa famiglia di cui non sa quasi nulla. Simon, per quanto lo riguarda, non ha bisogno dei capricci postumi di quella madre che e sempre stata lontana e avara di affetto, ma il suo amore per la sorella lo spingerà presto a unirsi a Jeanne per setacciare insieme la terra dei loro antenati sulle tracce di una Nawal ben lontana dalla madre che conoscevano. Spalleggiati dal notaio Lebel, i gemelli risalgono il filo della storia di colei che ha dato loro la vita, scoprendo un destino tragico marchiato a fuoco dalla guerra e dall'odio e il coraggio di una donna eccezionale. Adattamento dell'opera di successo di Wajdi Mouawad, "La Donna che canta (Incendies)" e una travolgente ricerca iniziatica che coniuga l'orrore della guerra al singolare, rivelando con forza una poesia d'eredità indelebile del ciclo della violenza e la potenza inaudita della resilienza.
 

COMMENTO   "La donna che canta (Incendies)", opera di Wajdi Mouawad, è stata interpretata per la prima volta in Francia il 14 marzo 2003, presso l’Hexagone Scène Nationale de Meylan, e in Quebec il 23 maggio dello stesso anno al Théâtre de Quat’sous, durante la decima edizione del Festival del Théâtre des Amériques.
Ha finito poi per essere rappresentata in non pochi punti del globo, dalla Germania all’Italia, passando per la Svizzera e gli Stati Uniti, prima di ritrovarsi trasposta su pellicola sotto la regia del canadese Denis Villeneuve, curatore anche della sceneggiatura.
Pellicola che comincia dal momento in cui il notaio Lebel (Remy Girard) legge a Jeanne (Mélissa Désormeaux-Poulin) e Simon Marwan (Maxim Gaudette) il testamento della loro madre Nawall (Lubna Azabal), shockandoli nel porgergli due buste, una destinata ad un padre che credevano morto e l’altra ad un fratello di cui ignoravano l’esistenza.
E, come la sequenza di apertura, sono quelli in cui a parlare sulle immagini è la sola, bella colonna sonora i momenti più riusciti dell’operazione, che vede i due fratelli, spalleggiati dal notaio, risalire il filo della storia di colei che ha dato loro la vita, la quale si era chiusa in un mutismo inesplicabile durante le ultime settimane precedenti la sua morte.
Una storia destinata a lasciar emergere sia il destino tragico marchiato a fuoco dalla guerra e dall’odio che il coraggio di una donna eccezionale, man mano che i due setacciano la terra dei loro antenati sulle tracce di una Nawal ben lontana dalla madre che conoscevano.
Perché, tra passato e presente destinati ad incrociarsi continuamente e non pochi elementi di crudezza, il lungometraggio di Villeneuve vuole essere prima di tutto una ricerca iniziatica volta a coniugare l’orrore del conflitto bellico al singolare, costruendosi sulla progressiva emersione di diverse rivelazioni.
Fino a quella finale, decisamente atroce, di un elaborato che, senza dimenticare la potenza inaudita della resilienza, punta in particolar modo sulle ottime performance dei protagonisti, rivelandosi interessante più per la costruzione dello script che per la regia, caratterizzata dai lenti ritmi di narrazione tipici di un certo cinema d’autore adatto solo ai palati più raffinati.

La frase: "La chiamavano la 'donna che canta' perché cantava sempre".
Francesco Lomuscio