A Zara… in bicicletta
Affascinati dai segni ancora evidenti della presenza italiana nelle città che hanno attraversato, 50 ciclisti provenienti da tutta la Penisola hanno pedalato lungo la costa dalmata, immersi in un paesaggio mozzafiato, alla scoperta di “un mare di storia”.
A Zara in bicicletta: coccolavo questa idea da diversi anni, ispirato dalla lettura del libro “Dalmazia Dalmazia” di Emilio Rigatti (insegnante, scrittore e ciclista, di ascendenti zaratini). Così, quando FIAB, associazione che promuove la ciclabilità urbana e il cicloturismo, ha pubblicato nel suo catalogo il cicloviaggio “Da Sarajevo a Zara – Un mare di storia” mi sono subito iscritto con mia moglie Lisa per dare concretezza al mio sogno.
Seconda volta a Zara, per me (della prima ho già raccontato), con l’opportunità di lasciare una piccola traccia di sudore lungo le strade della costa e dell’interno, seguendo rotte di antiche e italianissime presenze e con la possibilità quasi unica di portare una seppur limitata testimonianza ai miei compagni di viaggio… Occorreva prepararsi, non solo fisicamente.
Essendo gli accompagnatori della vacanza veronesi, così come pure una nutrita fetta di partecipanti (quindici su cinquanta, con gli altri ben distribuiti lungo la Penisola, da Torino a Napoli), abbiamo subito colto l’occasione per organizzare una serata di presentazione storico-culturale sui territori che avremmo attraversato e sulle tristi vicende che tutti ben conosciamo. L’incontro, aperto al pubblico, ha ospitato come relatori la ex Presidente ANVGD, avv. Francesca Briani, attuale Assessore alla Cultura del Comune di Verona e il mio papà Giorgio, in qualità di testimone diretto. Molte le presenze in sala, non solo dei futuri viaggiatori, e molta la curiosità, vivace e attenta come al solito, verso una storia ancora poco conosciuta (la ripresa integrale dell’incontro è disponibile qui, sotto all’articolo). Nei giorni successivi, l’intervento di preparazione dei partecipanti è proseguito, attraverso la condivisione di articoli e contenuti storici rilevanti.
Una volta arrivati sui Balcani, visitata Sarajevo e scesi a Mostar in pullman (la ciclabilità qui è ben lontana dagli standard del Nord Europa… e il pericolo gratuito non ci ispira), abbiamo iniziato a pedalare verso la costa per poi toccare, nell’ordine, in un crescendo di bellezza, Porto Tolero, Macarsca, Spalato, Traù, Sebenico e infine Zara, dove ci siamo trattenuti due giornate, prima di rientrare a Verona. Infinite le meraviglie che chi legge ben conosce e ricorda; inenarrabile lo stupore delle viste mozzafiato dai promontori, dai sentieri lungo le coste a un palmo da uno splendido mare, dagli strapiombi a picco su ripide scogliere… tutte emozioni che la bicicletta, senza il filtro protettivo di un abitacolo, amplifica in modo impressionante. Per non parlare poi del fascino delle città attraversate, trasudanti testimonianze di chiara impronta romana, rinascimentale e veneziana, segni inequivocabili di una indubitabile presenza, venuta a mancare solo pochi decenni or sono.
Per questo è stato sorprendente sentire la guida spiegare al gruppo di turisti che gli italiani hanno abitato Zara e la Dalmazia solo per pochi anni, come se tra le varie “dominazioni” che hanno preceduto gli ultimi decenni prima della guerra, non vi fosse stato quel continuum culturale, facilmente rinvenibile negli impianti urbanistici delle città, nell’architettura, nell’arte figurativa, nella letteratura (la lingua del sì…); come se, per dire, romani e veneziani italiani non fossero.
A questo tipo di approccio eravamo comunque tutti ben preparati, e significativo è stato osservare l’atteggiamento della comitiva intenta all’ascolto. Mai supino, bensì attento a cogliere, approfondire e puntualizzare alcune “omissioni” o certi evidenti scivoloni storici (come i bombardamenti su Zara avvenuti “per sbaglio”), che il giovane cicerone cercava di proporre nel corso della sua introduzione storica, un po’ troppo sbilanciata e “croatocentrica”.
Il contraddittorio è stato pacato e gentile, ma serrato e senza sconti. E pure tante sono state le domande alla guida, alcune molto personali, riguardanti la sua origine, la storia della sua famiglia e le sue radici italiane. Il racconto, trasmesso con un leggero velo di pudore (dovuto forse più al timore che qualcuno potesse sentirlo, così almeno ci è parso) ma senza imbarazzo nei nostri confronti, ha infine rotto il tabù e ci ha restituito l’immagine di un esule mancato e integratosi quasi per necessità, che ci ha colpito per la somiglianza del suo vissuto familiare con le tante cronache ascoltate nelle fasi preparatorie del viaggio. È stato, direi, anche questo un momento importante e fortemente empatico della nostra visita.
La voglia di pedalare ci ha portato anche a visitare la vicina città di Nona (una facile sgambata di pochi chilometri, quasi pianeggianti), permettendoci di attraversare la parte settentrionale della costa zaratina, dallo stabilimento “Luxardo” fino a Puntamica e oltre, ammirando nuove bellezze e regalandoci, al ritorno, un bagno ristoratore a Diclo, in un mare che ha davvero pochi rivali.
L’esperienza è risultata significativa e siamo certi che per i cinquanta cicloturisti si sia trattato di un viaggio che è andato ben oltre il godimento di un magnifico ambiente naturale e artistico: davvero è stato un tuffo in un “mare di storia” che a detta di tutti è valsa la pena incontrare e conoscere.
Luciano Lorini
(pubblicato su Il Dalmata 108b – maggio 2020)