Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Il discorso del Re (The King's Speech)

 
pic_movie_817   NUM   817  
  DATA E CINEMA   2011.03.14 KAPPADUE (CINEF 48-20)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Tom Hooper  
  ATTORI   Helena Bonham Carter, Colin Firth, Guy Pearce, Michael Gambon, Geoffrey Rush, Jennifer Ehle, Timothy Spall, Derek Jacobi, Eve Best, Anthony Andrews  
  PRODUTTORE   See Saw Films, Bedlam Productions  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   Regno Unito, Australia  
  CATEGORIA   Drammatico, Storico  
  ANNO   2010  
  DURATA   111 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   http://www.kingsspeech.com  
 
 
 

DESCRIZIONE   Dopo la morte di suo padre Re Giorgio V (Michael Gambon) e la scandalosa abdicazione di Re Eduardo VIII (Guy Pearce), Bertie (Colin Firth), che soffre da tutta la vita di una forma debilitante di balbuzie, viene improvvisamente incoronato Re Giorgio VI d'Inghilterra. Con il suo paese sull'orlo della guerra e disperatamente bisognoso di un leader, sua moglie, Elisabetta (Helena Bonham Carter), la futura Regina Madre, organizza al marito un incontro con l'eccentrico logopedista Lionel Logue (Geoffrey Rush). Dopo un inizio burrascoso, i due si mettono alla ricerca di un tipo di trattamento non ortodosso, finendo col creare un legame indissolubile. Con l'aiuto di Logue, della sua famiglia, del suo governo e di Winston Churchill (Timothy Spall), il Re riuscirà a superare la sua balbuzie e farà un discorso alla radio che ispirerà il suo popolo e lo unirà in battaglia.
 

COMMENTO   Non ci fu scampo per "Bertie". Dopo la morte del padre, re Giorgio V, il timido e complessato duca di York non sarebbe dovuto salire al trono d’Inghilterra. Il primogenito era, infatti, Edoardo, che divenne sì re ma che, per amore di Wallis Simpson, abdicò neppure un anno dopo. A Bertie, o meglio ad Albert Frederick Arthur George Windsor, toccò il peso della corona, diventando sovrano con il nome di Giorgio VI. Un uomo atipico, che fu re molto amato, legato da vero amore alla moglie, la volitiva Elisabetta Bowes-Lyon, ma che si portava appresso un fardello di costrizioni infantili e un bisogno di affetto difficili da trovare nell’anaffettiva coppia di genitori regali. Un’insicurezza che si esprimeva attraverso una balbuzie invalidante e impossibile da gestire nei numerosi e imbarazzanti discorsi pubblici cui era tenuto. In più, Giorgio VI si trovava a essere la voce del e per il popolo britannico in un momento difficile della storia, alla vigilia del secondo conflitto mondiale: ma che voce poteva essere (e che guida) se non aveva ancora trovato la sua? Per lui ci fu Lionel Logue, un australiano logopedista, ex attore, dai metodi anticonformisti, capace di sondare le anime e di medicarle.
Una commedia umana, sempre in perfetto equilibrio tra toni drammatici e leggerezze, ricca di ironia ma soffusa di malinconia, a tratti molto commovente, ma capace anche di farci ridere. Non di risate grasse o prevedibili, ma di risate che nascono dal cervello e si trasmettono al cuore. Così come le lacrime non nascono da un intento ricattatorio ma dall’empatia, da una condivisione sentimentale di difficoltà umane.
Il discorso del Re, del regista Tom Hooper, parte dai fatti storici per addentrarsi in un dramma personale, senza abbandonare mai la Storia, che non è fondale e sottofondo ma è presenza imprescindibile di ogni istante del film, al fianco dei protagonisti. Che giganteggiano: a partire da Colin Firth, che riesce a entrare nei panni di Bertie, reinterpretandolo, rileggendolo, dandogli postura e sguardi ora smarriti e braccati, ora arroganti e snobistici. Firth dà vita a un disagio psichico, lo trasmette allo spettatore, che attende, trattenendo il respiro, le sue parole da microfoni inquadrati dal regista in primo piano, lo segue mentre si avvia a parlare in pubblico, con riprese - di corridoi, di scale, di ampie navate - che creano claustrofobia e voglia di fuga. Gli fa da spalla un istrionico Geoffrey Rush, nei panni del suo amico logopedista, perfetto nel dosare i toni, mai sopra le righe, in grado di farci intravvedere con garbo un passato di sogni infranti.
Un film che è di attori - tutti bravissimi - a servizio di un’opera per certi versi teatrale, per tempi e dialoghi, che insinua molti discorsi (l’avvento e il futuro potere di radio e tv, destinati a cancellare il confine tra pubblico e privato; la forza della parola come arma di massa; la rigidezza dei metodi educativi; l’importanza del trovare e guardare in faccia la propria identità e unicità).
Il discorso del Re ha giustamente fatto incetta di premi (così come Colin Firth) e davvero vi invitiamo ad andarlo a vedere. Ricordarsi che ognuno ha una propria voce, che è unica e che va usata, è sempre importante.

La frase:
- "Conoscete delle barzellette?"
- "La tempistica non è il mio forte!".
Donata Ferrario