Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Quella sera dorata (The City of Your Final Destination)

 
pic_movie_798   NUM   798  
  DATA E CINEMA   2010.11.15 KAPPADUE (CINEF 48-07)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   James Ivory  
  ATTORI   Anthony Hopkins, Omar Metwally, Laura Linney, Charlotte Gainsbourg, Hiroyuki Sanada, Norma Aleandro, Alexandra Maria Lara, Kate Burton  
  PRODUTTORE   Hyde Park International, Merchant-Ivory Productions  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   U.S.A.  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2009  
  DURATA   118 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   http://filmup.leonardo.it/cgi-bin/search.cgi?ps=100&fmt=long&q=Quella+sera+dorata&ul=%25%2Fsc_%25&x=60&y=11&m=all&wf=0020&wm=sub&sy=0  
 
 
 

DESCRIZIONE   Omar Razaghi studia all’Università del Colorado e la sua borsa di studio dipende dalla stesura della biografia di Jules Gund, scrittore sudamericano autore di un unico, venerato romanzo. Poiché gli eredi di Gund sono contrari al progetto, Omar viene convinto dalla compagna a raggiungerli nella loro tenuta in Uruguay, per tentare di ottenerne l’approvazione. Al suo arrivo, tuttavia, troverà una serie di situazioni bizzarre e imprevedibili, ordite dagli stravaganti famigliari dello scrittore: Adam, il fratello cinico e raffinato, Caroline, la vedova orgogliosa, e Arden, la giovane amante che da Gund ha avuto una figlia. La presenza del ragazzo finisce per alterare il precario equilibrio della famiglia, facendo riemergere un passato di intrighi e segreti, ma è lo stesso Omar a dover ripensare la propria vita quando nasce l’amore con la bella Arden.
 

COMMENTO   È ancora una volta un romanzo la fonte di ispirazione di James Ivory e, per la quarta volta nella sua carriera, ad accompagnarlo in questo adattamento è Anthony Hopkins (con lui in "Casa Howard", "Quel che resta del giorno" e "Maurice"). Il libro da cui è tratto "The city of your last destination" è "Quella serata dorata" di James Cameron.
Un professore di letteratura americana si reca in Uruguay per cercare di convincere gli eredi di un celebre scrittore a concedergli l’autorizzazione per scriverne una biografia. Ciò che trova al suo arrivo è una famiglia composta da due vedove (moglie e amante dello scrittore), una figlia di dieci anni, un fratello omosessuale e il suo compagno giapponese. Se inizialmente l’obiettivo della visita è convincerli a dare il loro placet fino a quel momento negato, stando a contatto giorno per giorno con questi personaggi, il nostro protagonista cambia le priorità della propria vita.
Cifra stilistica di Ivory, ciò che più lo ha reso un regista apprezzato internazionalmente, è il riuscire a raccontare con sobrietà e profondità animi e dinamiche sociali di isolati gruppi familiari, specie se borghesi o aristocratici in declino. Seppur stavolta ci si trovi in Sud America, i suoi personaggi continuano ad essere europei; si tratta di tedeschi e inglesi emigrati per varie ragioni nella metà del novecento. L’elemento che destabilizza l’acquisito equilibrio della casa, è l’arrivo dell’americano. Con ritmo compassato Ivory scava progressivamente nel passato e nelle ambizioni di tutti i suoi personaggi. Ad unirli c’è un uomo ormai morto: metterselo alle spalle, che sia attraverso il progetto di una biografia, o affrontando il problema dell’opportunità della stessa, diventa per ognuno di loro il mondo per riprendere in mano la propria vita. Ivory si limita, per certi versi, a rendere fluido un racconto avaro di vere e proprie svolte narrative o di drammatizzazione varie, ma non per questo noioso. Il suo è un cinema composto da personaggi e non da eventi. Può piacere o non piacere, certo è che si tratta di uno stile coerente negli anni e per questo apprezzabile. Non illude, dà ciò che promette e già questo non è poco. Se poi ci si aggiunge la sua bravura nell’assemblare e dirigere il cast (da Hopkins a Laura Linney passando per Charlotte Gainsbourg e Omar Metwally), si capisce perché quando si cita Ivory, si parla di maestro.

La frase: "Mi rifiuto di sottomettermi ad una cosa stupida come la democrazia".
Andrea D'Addio