Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 La nostra vita (La nostra vita)

 
pic_movie_784   NUM   784  
  DATA E CINEMA   2010.05.28 KAPPADUE  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Daniele Luchetti  
  ATTORI   Elio Germano, Raoul Bova, Isabella Ragonese, Luca Zingaretti, Stefania Montorsi, Giorgio Colangeli, Alina Berzunteanu, Marius Ignat  
  PRODUTTORE   Cattleya  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   Italia  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2010  
  DURATA   95 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   http://filmup.leonardo.it/sc_lanostravita.htm  
 
 
 

DESCRIZIONE   Claudio (Elio Germano) è un operaio edile di trent’anni che lavora in uno dei tanti cantieri della periferia romana. È sposato, ha due figli, ed è in attesa del terzo. Il rapporto con sua moglie Elena (Isabella Ragonese) è fatto di grande complicità, vitalità, sensualità. All’improvviso, però, questa esistenza felice viene sconvolta: Elena muore e Claudio non è preparato a vivere da solo. Rimuove il dolore e sposta il suo lutto nella direzione sbagliata: pensa solo a sfidare il destino, e a dare ai figli e a se stesso quello che non hanno avuto finora: il benessere, i soldi, i capricci, le vacanze, in una parola le "cose". Per risarcire la sua famiglia, si caccia in un affare più grosso di lui e quando capisce che da solo non può farcela, si vede costretto a rivolgersi agli unici di cui si fida: la sorella troppo materna (Stefania Montorsi), il fratello timido e imbranato (Raoul Bova), il pusher vicino di casa (Luca Zingaretti). Dopo "Mio fratello è figlio unico", Daniele Luchetti torna a parlare di famiglia in un film pieno di energia che spinge a vivere la vita fino in fondo.
 

COMMENTO   Nel 1988 Daniele Luchetti esordiva alla regia con “Domani Accadrà” e veniva invitato per l’occasione a Cannes nella sezione “Un certain regard”. A distanza di ventidue anni, dopo altri due passaggi sulla Croisette con “Il portaborse” e “Mio fratello è figlio unico” l’autore romano ritorna direttamente nel concorso principale. Diciamolo subito il film non è da vittoria, ma si tratta comunque di un buon film. L’Italia che non appare, quella non povera, sempre romana, ma di certo più periferica (Bufalotta, Ponte di Nona) rispetto a quella borghese dei Parioli: cosa fa? Come vive? Quali sono i suoi valori?
Sembra questa la ragione per un film dal titolo così ritrattistico, un “La nostra vita” che sembra volere richiamare all’attenzione tutti coloro che sono estranei da un mondo poco affrontato dal cinema. Senza giudicare, né pregiudizi né voglia di fare la morale da un pulpito che alcuni registi, presuntuosamente, avrebbero messo più in alto, Luchetti narra le vicende del suo protagonista e della sua famiglia, una coppia giovane con due figli e uno in arrivo. Il grado d’istruzione non è alto, ma questo non può essere una colpa, c’è invece il buon senso, la generosità, la serenità d’animo e tanto basta. Il quieto vivere viene però rotto quando arriva il lutto che sconvolge tutto. Cade la speranza, vengono messi da parte i valori ed ecco l’ambizione, il dio denaro per cui pregare e a cui prostrarsi. Ecco allora i ricatti, i problemi, l’umanità da camorra. Come uscirne?

Così come Silvio Soldini nei suoi due ultimi film (“Giorni e nuvole” e “Cosa voglio di più”), Luchetti cerca di portare sul grande schermo un cinema fortemente realista, pieno di problemi comuni, non urlato, ma fatto di vita e di attori che, anche in ruoli di contorno, recitano davvero (dalla Ramazzotti a Bova, passando per Zingaretti e Stefania Montorsi, ex moglie dello stesso Luchetti). Il modo in cui poi rimane addosso per tutta la durata del film sul corpo di un Elio Germano, forse a volte sopra le righe, ma sempre fuoco che cammina, intenso, è tanto ossessivo quanto funzionale alla tensione del film. Escluso l’iniziale momento di svolta narrativo, è sempre dall’imprevedibilità del protagonista che trascende la suspense. Come si comporterà a lavoro? E con i bambini? E l’amico che gli ha prestato i soldi? Non ci sono veri cattivi, non c’è bisogno di una contrapposizione tra bene e male. Siamo quelli che siamo. E se il finale risulta piuttosto sbrigativo nel suo chiudersi bene, c’è da dire che ogni tanto dei bei happy end fanno bene. Va bene la vita vera, ma siamo sempre al cinema.

La frase: "I tacchi sono come i parenti. Sono scomodi, ma aiutano".
Andrea D'Addio