Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Il cacciatore di aquiloni (The Kite Runner)

 
pic_movie_694   NUM   694  
  DATA E CINEMA   2008.04.03 FIUME (CINEF 45-28)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Marc Forster  
  ATTORI   Khalid Abdalla, Homayoun Ershadi, Shaun Toub, Atossa Leoni, Saïd Taghmaoui, Zekiria Ebrahibi  
  PRODUTTORE   DreamWorks SKG, MacDonald/Parkes Productions, Neal Street Productions, Participant Productions, Sidney Kimmel Entertainment, Wonderland Films  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   U.S.A.  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2007  
  DURATA   131 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   http://filmup.leonardo.it/sc_thekiterunner.htm  
 
 
 

DESCRIZIONE   Il film parla dell'amicizia tra due bambini appartenenti a etnie e classi sociali differenti: Amir, figlio di uno degli uomini pashtun più influenti di Kabul, e Hassan, il suo piccolo servitore azara. Sullo sfondo le vicende storiche che, in trent’anni, hanno portato alla progressiva distruzione e devastazione della cultura e del paese afgano. Amir e Hassan sono inseparabili, accomunati anche dalla passione per le gare di aquiloni. Ma un tragico evento irrompe e sconvolge le loro vite: Amir assiste di nascosto allo stupro del suo giovane compagno di giochi da parte di un gruppo di teppisti. Quando le truppe sovietiche invadono il suo Paese, il bambino è costretto a fuggire negli Stati Uniti con il padre Baba, ma il senso di colpa per non aver aiutato il suo piccolo amico non lo abbandonerà più. Negli Stati Uniti cresce, si diploma, conosce Soraya, la donna che diventerà sua moglie, e pubblica il suo primo libro, coronando il sogno di diventare uno scrittore. Quando un giorno riceve nella sua casa di San Francisco una telefonata inattesa, Amir capisce che è giunto il momento di rimediare ai propri errori. Rahim Khan, un vecchio amico di Baba, lo prega di fare rientro nel suo paese: Sohrab, il figlio di Hassan ha bisogno del suo aiuto...
 

COMMENTO   Il cacciatore di aquiloni
Dall’enorme successo editoriale al grande schermo il passo è breve.
Tanti lettori garantiscono tanti spettatori: la curiosità di una resa per immagini di una storia che ha appassionato e si è fatta leggere grazie al passaparola rappresenta una campagna promozionale che poche altre strategie di marketing possono sfruttare. Il botteghino andrà bene, ma gli spettatori già lettori, usciranno soddisfatti dalla visione? Probabilmente non troppo.
Il film è avvincente nella narrazione (e questo probabilmente sorprenderà chi non avrà letto il libro), ma non coglie la parte descrittiva del romanzo, forse la più interessante. La regia di Marc Forster non riesce a far sua una delle tante e interessanti tematiche della storia (il particolare rapporto padre-figlio, l’amicizia strappata, il ritorno alle origini, il dramma di una civiltà lacerata prima dall’invasione russa e poi dall’integralismo islamico, il malessere di chi è stato costretto a immigrare in una terra non sua), ma si limita a raccontare quasi come se fosse un film d’azione. Non trova una propria cifra stilistica, rimanendo probabilmente troppo legata al testo, anziché cercare una propria strada poetica e concettuale.
Sia chiaro, non si parla di un film brutto, banale o noioso, ma il confronto tra potenzialità e versione finale è abbastanza severo. A livello di sceneggiatura manca molto l’aspetto descrittivo, il confronto tra la vita che c’era e la vita che c’è in quel grande stato (non territorialmente, ma culturalmente) che era l’Afghanistan. Era proprio questo uno degli aspetti che più aveva attratto la gente di mezzo mondo a sfogliare l’opera di Khaled Hosseini: la possibilità di conoscere la storia di una nazione per tanti anni dimenticata dai mass media, per poi rientrare improvvisamente in scena quel tragico 11 Settembre.
Nuoce all’intero progetto il suo essere destinato, nonostante non annoveri nomi altisonanti nel cast (anche perché interpreti afgani famosi in occidente è difficile trovarli), al grande pubblico statunitense. Ecco quindi scelte di dubbio gusto (la voce inglese cantata su melodia araba o l’ultima retorica scena che richiama nuovamente il titolo e che per fortuna il libro ci risparmiava) e varie semplificazioni narrative (la facilità con cui si arriva al regolamento di conti, l’idea che si possa entrare e scappare da un Paese in guerra senza troppi problemi, la possibilità di poter portare un bambino negli Stati Uniti senza un documento d’identità). Ne esce un film sicuramente vedibile e interessante, ma che, a differenza degli aquiloni che ricorda nel titolo, vola a bassa quota.

La frase: "Un uomo che non sa difendere sé stesso è un uomo che non sa difendere niente".

Andrea D’Addio

[da: http://filmup.leonardo.it/thekiterunner.htm]