Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Viaggio A Kandahar (Safar E' Ghandehar)

 
pic_movie_398   NUM   398  
  DATA E CINEMA   2002.02.05 DIAMANTE (CINEF 39-14)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Mohsen Makhmalbaf  
  ATTORI   Niloufar Pazira, Hassan Tantai, Sadou Teymouri, Hayatalah Hakimi  
  PRODUTTORE   Makhmalbaf Film House (IRAN) - Bac Films - (FRANCIA) - Studio Canal  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE   Mohammad Reza Darvishi  
  PAESE   Iran  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2001  
  DURATA   85 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/viaggio-a-kandahar/41518/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Viaggio a Kandahar è un film drammatico del 2001 diretto da Mohsen Makhmalbaf, con Niloufar Pazira e Hassan Tantai.
Nafas (Niloufar Pazira) è una ragazza afgana rifugiata in Canada, dove è un'acclamata giornalista. Un giorno riceve una lettera della sorella rimasta in Afghanistan, in cui le racconta che ormai ha perso la voglia di vivere e che intende suicidarsi in occasione dell'imminente eclissi solare.
Nafas, preoccupata, decide di tornare in patria, a Kandahar, per salvarla; intraprende così un viaggio pericoloso, protetta solo dal burqa che indossa, trovando appoggio prima in una famiglia con cui riesce ad attraversare il confine, poi in un ragazzo esiliato, e ancora in un ex soldato divenuto medico convertito musulmano.
Nafas scopre con amarezza la durezza del regime imposto dai talebani, fatto di violenze, privazioni e vessazioni del suo popolo già tanto provato dalla guerra. La giornalista decide così di approfittare, correndo un enorme pericolo, per registrare ciò che realmente avviene nel paese, naturalmente sottoposto a censura, per raccontarlo al mondo a tempo debito. Lottando per la sopravvivenza e rischiando continuamente di essere scoperta e giustiziata, Nafas dovrà fare appello a tutto il suo coraggio e alla sua determinazione per riuscire a trovare la sorella.
 

COMMENTO   "Mohsen Makhmalbaf ha presentato 'Kandahar' e ha travolto con lo splendore delle sue immagini e la crudeltà della storia tutto il Festival, cui ha ridato il senso del grande cinema, schiudendo da un luogo di festa, opulenza, superficialità, una porta inaspettata su un mondo altro, chiuso nella miseria e nell'oscurantismo fanatico, da cui la felicità è stata bandita come il più mortale dei peccati (...) Il deserto è rosa e lucente, il cielo azzurro e luminoso, i burka hanno colori forti e magnifici, quando una donna solleva il cappuccio dietro cui vede il mondo come dalla fitta grata di un luogo di clausura, il volto è dolente e bellissimo". (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 12 maggio 2001) "Makhmalbaf ha scelto l'Occidente e invoca la modernizzazione, non cerca un'altra via tra quella americana e quella dell'integralismo islamico, non sembra interrogarsi affatto sui modi e sui modelli della modernizzazione. Il suo è un cinema schierato, con molto di francese. Per fortuna esso sa cogliere il vero nelle pause e negli aneddoti e comunica la grande incertezza dei singoli travolti dalla crudeltà della storia". (Goffedo Fofi, 'Panorama', 11 ottobre 2001)"Le immagini di 'Viaggio a Kandahar' non rispondono al codice linguistico caro alla narrativa occidentale. In senso stretto Makhmalbaf non 'narra' e, spesso, si affida all'ellisse abbandonando al proprio destino figure che fin lì aveva seguito con scrupolo. Non tende neppure a commuoverci. Ci propone exempla, quasi delle parabole. Il lettore osservi e, a seconda della personale sensibilità, ne tragga un insegnamento: grande o piccolo che sia". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 12 ottobre 2001) "Bambini indottrinati, predoni del deserto, mine, mutilati, un medico che 'visita' scrutando da un foro occhi e bocca delle pazienti. Ma anche in 'Viaggio a Kandahar' lo sguardo di Makhmalbaf resta lirico, sorprendente, oltraggiosamente libero". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 ottobre 2001) "Con un'opera bellissima, l'ammirato regista iraniano Mohsen Makhmalbaf racconta per la prima volta in un film la vita delle donne nell'Afghanistan dei talebani (..) Sono alcune delle cose che abbiamo imparato in quest'ultimo mese: ma una storia è più suggestiva di una notizia e la forza della denuncia è moltiplicata dalla bellezza e perfezione dello stile". (Lietta Tornabuoni, 'La stampa', 12 ottobre 2001) "Al suo quindicesimo film, Makhmalbaf mette in scena la sofferenza di un Paese massacrato attraverso una serie continua di metafore (...) In qualche senso, è vero che l'eccesso di estetizzazione (i vestiti multicolori sono troppo belli, sullo schermo, per denunciare la sparizione degli esseri umani che li indossano) nuoce all'integrità del discorso. Tuttavia i momenti intensi e ispirati sono molti e possono aiutarci a capire". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 14 ottobre 2001)