Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Rosenstrasse (Rosenstrasse)

 
pic_movie_1743   NUM   1743  
  DATA E CINEMA   2024.01.18 HOMEVIDEO  
  RASSEGNA   CENTRO AUDIOVISIVI  
 
     
  REGISTA   Margarethe von Trotta  
  ATTORI   Katja Riemann, Maria Schrader, Jürgen Vogel, Martin Feifel, Jutta Lampe, Fedja van Huêt, Doris Schade, Carola Regnier, Jutta Wachowiak, Jan Declier, Thekla Reuten, Lilian Schiffer, Lena Stolze, Nina Kunzendorf, Svea Lohde, Carine Crutzen, Isolde Barth, Martin Wuttke, Fritz Lichtenhahn  
  PRODUTTORE   GET REEL PRODUCTIONS, STUDIO HAMBURG LETTERBOX FILMPRODUKTION, TELE-MUNCHEN  
  SCENEGGIATORE   Margarethe von Trotta, Pamela Katz  
  COMPOSITORE   Loek Dikker  
  PAESE   Gran Bretagna  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2003  
  DURATA   136 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/rosenstrasse/42039/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Ruth è una signora newyorkese che ha appena perso il marito. Nei giorni di lutto comincia a riflettere sempre più sulla religione ebraica ortodossa e questo la porta a disapprovare anche il matrimonio della figlia Hannah con il sudamericano Luis. Per capire le ragioni di un cambiamento tanto radicale, Hannah si reca a Berlino dove conosce Lena Fisher, che da bambina aveva incontrato sua madre a Rosenstrasse: la strada in cui, nel 1943, centinaia di donne si riunirono per manifestare contro la deportazione dei loro mariti ebrei.

RICONOSCIMENTI
- Presentato in concorso alla 60ma Mosta del Cinema di Venezia (2003), dove Kayja Riemann ha vinto la Coppa Volpi come migliore attrice.
- David di Donatello 2004 come miglior film dell'Unione Europea (ex aequo con "Dogville" di Lars Von Trier).
- Globo d'Oro 2004 come miglior film europeo.
 

COMMENTO   Rosenstrasse è il nome di una strada di Berlino dove, nel 1943, centinaia di donne manifestarono protestando contro la deportazione dei loro propri mariti, riuscendo a farli liberare. Rosenstrasse è anche il titolo dell'ultimo film di Margarethe von Trotta, che quei fatti li rievoca attraverso la memoria di chi li ha vissuti direttamente - è il caso della protagonista femminile Ruth -, che però nel tempo ha preferito rimuoverli, così anche di chi quei fatti tenta di ricostruirli, servendosi della memoria altrui. E'il caso della figlia di Ruth, Hannah, la quale ai giorni nostri tenta, riuscendovi, di ricostruire quel passato, andando ad intervistare la donna che salvò la vita alla propria madre. In un'alternanza di tempi e di spazi, tra una New York contemporanea e una Berlino sospesa tra un presente e un passato denso di dolorosi ricordi, Rosenstrasse è un film che trova il suo giusto ritmo strada facendo, nel dipanarsi della vicenda. Una regia robusta, quella di Margarethe von Trotta - che non si azzarda ad intraprendere sperimentalismi ma, al contrario, propone una scrittura piuttosto lineare, eppure efficace - la quale dimostra ancora una volta il suo talento nell'avvicinarsi ad un argomento e riuscire a trattarlo con grande sensibilità, prediligendo uno sguardo tutto al femminile. Memorabili i suoi ritratti di donne forti e determinate, basti ricordare i personaggi di film come Lucida follia o come Anni di piombo. Ad essi vanno certamente aggiunti quelli delle protagoniste di Rosenstrasse, per la loro fierezza, solidarietà e coraggio.

Recensione di Luisa Ceretto
(da https://www.mymovies.it/film/2003/rosenstrasse/)
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Sembra essersi fermato nel tempo il cinema di Margarethe Von Trotta. Il suo Rosenstrasse, presentato in concorso alla 60esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, sebbene riporti la cineasta tedesca dietro la macchina da presa dopo quasi dieci anni di assenza, ci immette direttamente nelle atmosfere di quel cinema cosiddetto impegnato, che da sempre caratterizza la sua filmografia, lasciandosi la deludente sensazione di trovarsi di fronte ad uno sguardo rimasto occluso, a un cinema uguale a se stesso, diluito negli intenti critici, dove tutto suona sempre forzatamente giusto. A metà tra fiction e ricostruzione documentaristica (testimoniata da una meticolosa cura per il dettaglio), Rosenstrasse, come tutti i film della Von Trotta, vuole infatti raccontarci la Storia, quella con la S maiuscola, passando attraverso le microstorie di tre personaggi femminili. Tre donne, tre eroine al contempo fragili e forti, appartenti a tre generazioni differenti e legate tra loro, oltre che da un rapporto di amicizia e di parentela, da una identità comune: essere ebree tedesche, depositarie di una memoria storica che va indiscutibilmente preservata, soprattutto oggi, in vista dell'avanzare di un minaccioso revisionismo. Come allora, la Von Trotta adotta un punto di vista femminile e attraverso questo ci racconta un'altra Seconda Guerra mondiale, quella vissuta dagli ebrei tedeschi sposati a donne ariane. Una storia poco conosciuta, che è servita però alla regista per porre l'accento sulla fedeltà delle donne tedesche: la stessa che, come ha ammesso poi in un'intervista, ha contribuito nel 1943 all'ascesa politica di Adolf Hitler. Dopo dieci anni però, i toni sono smorzati e la sincerità pure: ciò che preme alla Von Trotta è restituirci la sofferenza e la solitudine di queste tre donne, e per farlo non manca di scivolare nel puro compiacimento, pur restando alla fine distante. Dopo dieci anni, la Von Trotta non solo quindi sembra firmare la sua rinuncia nei confronti della Germania contemporanea, ma non esita a riproporci l'ennesima variante su tema, utilizzando anche una formula straabusata, come quella del racconto del sopravvissuto, con tanto di flashback in bianco e nero. Una mancanza di vigore imperdonabile dopo un così lungo silenzio a cui si aggiunge l'amarezza per uno sguardo che oggi, in virtù degli sviluppi attuali del conflitto israelo-palestinese, rischia addirittura per apparire conservatore…

Recensione di Simona Pellino - 29 gennaio 2004
(da https://www.sentieriselvaggi.it/rosenstrasse-di-margarethe-von-trotta/)
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"Pur non avendo la qualità espressiva di 'Schindler's List' o di 'Il pianista', questo nuovo film dello stesso filone ha il pregio dell'autenticità. I bravi interpreti, tutti tedeschi, parlano la propria lingua, le atmosfere rivivono con perfezione allucinante e il film si presenta come la microstoria di un capitolo dell'Olocausto bizzarramente a lieto fine. Peccato che Margarethe pretenda di finire in gloria, con un grosso grasso matrimonio ebraico. Perché non tagliare, in omaggio alla verità dei sentimenti che s'impone nel resto del film, gli ultimi cinque minuti?". (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 1 settembre 2003)

"Margarethe von Trotta, già narratrice degli anni di piombo, ha uno stile lento e solenne, un tantino ampolloso. Ma entro i limiti del dramma convenzionale, 'Rosenstrasse' ha una sua forza tragica: la sincerità dell'antico dolore prevale sul vizio della retorica". (Claudio Carabba, Sette', 11 settembre 2003)

"Centotrentasei minuti di emozioni, lacrime e al tempo stesso radiografia dell'animo femminile nei momenti della sofferenza e del dolore: non si potrà dire che a 'Rosenstrasse' manchino né sincerità né grandiosità. Manca comunque quel soffio vitale che trasforma il pathos in forza drammatica e illumina lo schermo". (Andrea Martini, 'La Nazione', 1 settembre 2003)

"Ne esce una Germania sfaccettata, dove come sempre nella vita, il meglio rasenta il peggio. A condurre la ricerca che riporta alla luce l'evento della Rosenstrasse è non a caso Maria Schrader, già interrpete di 'Aimée & Jaguard', di Max Faerberoeck per il quale venne premiata al Festival di Berlino del 1998: anche quello era un film tedesco, anche quello raccontava una storia simile e basata su un fatto vero, solo che la coppia in questione era lesbica e il personaggio della Schrader veniva ucciso. Qui invece ci fu il lieto fine, paradossalmente in base alle leggi di Norimberga". (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 1 settembre 2003)

"Uscito per il Giorno della Memoria, come se per gli altri 364 dovessimo tranquillamente dimenticare, 'Rosenstrasse', onesto e civile film dell' onesta e civile Margarethe von Trotta mostra un lato nascosto ma vero della Shoah. (...) Un intreccio di destini a cavallo del tempo, storia minuscola e maiuscola raccontata con un alto senso del dovere morale e dell' informazione, ma anche della convenzione e pure della retorica dello spettacolo, per cui le attrici Katja Riemann, premiata a Venezia, e Maria Schrader sono strepitose." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 31 gennaio 2004)