Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 A passo d'uomo (Sur les Chemins Noirs)

 
pic_movie_1741   NUM   1741  
  DATA E CINEMA   2024.01.16 PINDEMONTE (CINEF 59-13)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Denis Imbert  
  ATTORI   Jean Dujardin, Anny Duperey, Izïa Higelin, Josephine Japy, Dylan Robert, Jonathan Zaccaï, Olivier Charasson, Lou Chauvain, Marie-Christine Barrault, Yves Servière, David Faure, Thomas Goisque  
  PRODUTTORE   Apollo Films, Auvergne Rhône-Alpes Cinéma, Echo Studio, France 3 Cinéma, La Production Dujardin, Radar Films, TF1 Studio  
  SCENEGGIATORE   Denis Imbert, Diastème  
  COMPOSITORE    
  PAESE   Francia  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2023  
  DURATA   94 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/a-passo-d-uomo/62836/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   A Passo d'Uomo, il film diretto da Denis Imbert, è la storia di Pierre (Jean Dujardin), un noto scrittore appassionato di viaggi avventurosi ma dalla vita dissoluta e dipendente dall’alcol. Una sera in cui beve più del solito e il suo livello di ubriachezza è decisamente alto, si cimenta in modo spavaldo nell’arrampicata della facciata di un albergo. Pierre però, perde l’equilibrio e precipita. La caduta gli sarà fatale perché finirà in coma. Quando si risveglia nel suo letto di ospedale, promette a se stesso che appena riuscirà a reggersi in piedi partirà per il viaggio della sua vita. Infatti, contro il parere di tutti, Pierre deciderà di percorrere a piedi la Francia, dal parco del Mercantour, nel sud est, fino alle falesie del Jobourg nel Cotentin, all'estremo ovest della Normandia, attraversando in diagonale l'intero paese, e prendendo solo piccoli sentieri. Un viaggio che gli farà scoprire il lato più rurale del Paese e che gli permetterà di rinascere facendo pace con il suo passato.

CURIOSITÀ SU A PASSO D'UOMO
- Adattamento dell’omonimo libro di Sylvain Tesson pubblicato nel 2016. Lo scrittore racconta di come ha attraversato a piedi la Francia, in diagonale, da sud-est a nord-ovest, per guarire se stesso.
- Nel film troviamo un cameo di Sylvain Tesson che appare come figurante.
- Il Nez de Jobourg è, dopo il Mont-Saint-Michel, il luogo più visitato del dipartimento della Manica. Le sue falesie sono tra le più alte dell’Europa continentale.
- Film di apertura del 71. Trento Film Festival (2023)
 

COMMENTO   Meriti A passo d'uomo ne ha per i suoi ritmi ben calibrati, quando le eventuali meditazioni e riflessioni non le suggerisce, quando costruisce un viaggio randomico in cui l'uomo è una figurina piccina e sfuggente che sparisce nella pienezza degli scenari che lo circondano. Aiuta la sobrietà sofferente e cocciuta di Dujardin, alle prese con quella linea d’ombra meno esplicitata ma altrettanto cruciale rispetto a quella adolescenziale, in cui la vita adulta si affretta a spingersi ben oltre la mezza età, in cui la morte si affaccia implacabile a ricordare i limiti, ma anche le potenzialità di quella piccola figurina che rappresenta Pierre, che rappresentiamo tutti noi, di fronte all’enormità di quanto ci circonda. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it)
________________________________

Uomini in fuga nella natura per guarire le proprie ferite. Non poteva mancare la divinità della vita “nei boschi”, Henry David Thoreau, come spirito guida direttamente citato in questa storia di redenzione, con il suo monito “guarire è un processo vegetale”. E allora proprio lungo un terreno quasi privo di vegetazione, fra le pietraie di alta quota, vediamo apparire per la prima volta Pierre, celebre scrittore protagonista di A passo d’uomo di Denis Imbert. Per una volta un titolo italiano di grande efficacia, anche superiore all’originale Sur les chemins noirs, che mette in evidenza i terreni non battuti in cui si avventura Pierre, dal sud-est all’estremo nord-ovest della Francia, per recuperare dalle gravi ferite di una caduta accidentale. Sentieri dimenticati, neri in opposizione a quelli bianchi, tracciati e seguiti da camminatori occasionali o più esperti.

La vicenda è ispirata fedelmente a un libro autobiografico, diremmo di non fiction, di Sylain Tesson, già uno dei protagonisti di La pantera delle nevi, successo della scorsa stagione fra avventura e esplorazione. Personaggio di intellettuale da trincea, ben lontano dai salotti letterari, un viaggiatore che sembra emergere da un’altra era, molto popolare in patria, di casa in Siberia come nel Borneo. Ma è proprio nella Francia dimenticata che vuole avventurarsi per recuperare da un grave incidente, beffardamente sciocco e urbano, legato a una sua debolezza, la dipendenza dall’alcol, che lo pone improvvisamente di fronte alla sua fragilità, lui, abituato a considerarsi una specie di supereroe, troppo agile per utilizzare le scale per salire ai piani alti dei palazzi. Molto più comodo scalarli. Chi meglio di Jean Dujardin, con il suo fascino rude ma elegante e la sua faccia d schiaffi. L’attore premio Oscar è convincente in questo percorso che piacerà agli amanti degli spazi aperti, delle camminate in silenzio e delle riflessioni profonde, quelle in cui un incrocio in alta quota rappresenta una diretta metafora di altre vie da scegliere nella vita in arrivo alla fine del viaggio.

Quando cammini così sei in un altrove sul quale Imbert sovrappone con dei flashback le vicende che hanno portato Pierre, il celebre scrittore, a forzare un recupero complesso del suo fisico martoriato di cicatrici, contro il parere dei medici. Una struttura narrativa che suona più posticcia e inopportuna cesura di un percorso ben più interessante come quello dell’ora, adesso, in quota, poche parole e molte visioni coinvolgenti. Sarà stata una rinnovata evidenza di spazi aperti, libertà e voglia di rimettersi in gioco successiva alla pandemia, oltre alla popolarità di Tesson a Dujardin, a decretarne il successo dalle proporzioni inattese in Francia.

Meriti A passo d’uomo ne ha per i suoi ritmi ben calibrati, quando le eventuali meditazioni e riflessioni non le suggerisce, quando costruisce un viaggio randomico in cui l’uomo è una figurina piccina e sfuggente che sparisce nella pienezza degli scenari che lo circondano. Aiuta la sobrietà sofferente e cocciuta di Dujardin, alle prese con quella linea d’ombra meno esplicitata ma altrettanto cruciale rispetto a quella adolescenziale, in cui la vita adulta si affretta a spingersi ben oltre la mezza età, in cui la morte si affaccia implacabile a ricordare i limiti, ma anche le potenzialità di quella piccola figurina che rappresenta Pierre, che rappresentiamo tutti noi, di fronte all’enormità di quanto ci circonda.

di Mauro Donzelli
critico e giornalista cinematografico
intervistatore seriale non pentito