Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 L'imprevedibile viaggio di Harold Fry (The unlikely pilgrimage of Harold Fry)

 
pic_movie_1715   NUM   1715  
  DATA E CINEMA   2023.11.20 KAPPADUE (CINEF 59-06)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Hettie MacDonald  
  ATTORI   Jim Broadbent, Penelope Wilton, Monika Gossmann, Joseph Mydell, Bethan Cullinane, Maanuv Thiara, Earl Cave, Linda Bassett, Daniel Frogson, Naomi Wirthner, Joy Richardson, Ian Porter  
  PRODUTTORE   Essential Cinema, Free Range Films, Ingenious Media, Rose Pine Productions  
  SCENEGGIATORE   Rachel Joyce  
  COMPOSITORE    
  PAESE   Gran Bretagna  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2023  
  DURATA   102 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/l-imprevedibile-viaggio-di-harold-fry/62519/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   L'imprevedibile viaggio di Harold Fry, film diretto da Hettie Macdonald, racconta la storia di un uomo comune di nome Harold (Jim Broadbent), che ha trascorso la sua intera vita vivendo ai margini, senza mai fare nulla di avventato. Vive a Kingsbridge insieme alla moglie Maureen (Penelope Wilton), sebbene il loro matrimonio sia ormai così tranquillo da sembrare caduto nella monotonia. Un giorno, mentre sta andando a imbucare una lettera, Harold scopre che una sua vecchia amica Queenie Hennessy è molto malata e decide di andare a trovarla, percorrendo a piedi l'Inghilterra per raggiungere la cittadina di Berwick-upon-Tweed senza prendere nessun mezzo di trasporto né ricevendo aiuto e supporto da Maureen. Sicuro che il suo eroico gesto terrà in vita la sua amica, l'uomo intraprende un viaggio durante il quale incontrerà diverse persone, interessate al suo intento. È così che in breve tempo l'intera nazione si appassionerà alla sue gesta. Durante la sua lunga camminata, Harold avrà modo di riflettere molto sulla sua vita e in particolare anche sul suo unico figlio, David, che dopo aver lottato a lungo con depressione e dipendenze varie, ne è uscito sconfitto.
 

COMMENTO   Parlare de L'imprevedibile viaggio di Harold Fry come di una copia di Forrest Gump o di Una storia vera significa non averne capito il senso. Il film con Jim Broadway e Penelope Wilton è infatti tante altre cose: il racconto di una guarigione e dell'elaborazione di un lutto, la cronaca di una rinascita, la storia di un amore guastato dal dolore, una metafora dell'odierna Gran Bretagna che ha messo un muro tra sé e l'Europa. Ma soprattutto il film di Hettie MacDonald è l'ennesima dimostrazione del talento immenso di Jim Broadbent, affiancato da una validissima Penelope Wilton. E' proprio vero che gli attori inglesi hanno una marcia in più!. (Carola Proto - Comingsoon.it)
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Più che una via di mezzo tra Forrest Gump e Una storia vera, con cui ha comunque più di un elemento in comune, L'imprevedibile viaggio di Harold Fry è il ritratto di un paese - ovviamente l'Inghilterra - che si riflette in un personaggio e nelle sue vicissitudini. Forse non è la prima cosa che viene in mente seguendo per 800 chilometri un uomo senza qualità che si mette in cammino per salutare una vecchia amica che sta morendo, ma se ci si sposta appena dall'idea e dai cliché di un road movie, e da una serie di altri riferimenti, il "thriller del cuore" con Jim Broadbent apparirà immediatamente più profondo di quel che sembra.

Harold Fry, innanzitutto, è smarrito come lo è un paese che è uscito dall’Europa e si ritrova solo a fronteggiare un nuovo status, un cambiamento. Allo stesso modo della Gran Bretagna, Harold Fry ha messo un muro fra sé e gli altri, con il risultato che tutto ciò che in diverse circostanze sembrerebbe naturale, è diventato difficile, perfino comunicare con sua moglie. Inutile dire che anche la Brexit si è rivelata un'ingombrante barriera, un cancello che termina con il filo spinato, un no trespassing che nasce da un rigurgito di nazionalismo. Ovviamente Fry non è aggressivo, militante, ma la sua passività è deleteria quanto il non voler vedere che nel paese del Big Ben la forbice fra i ricchi e i poveri, ad esempio la monarchia e la classe operaia, si va allargando di giorno in giorno.

Forse la regista Hettie MacDonald non ha voluto fare un film-manifesto ma semplicemente trasformare un libro in un film, però è innegabile che nello sguardo di sfida e insieme smarrito del figlio di Harold e Maureen si coglie il disagio di quei ragazzi e quelle ragazze fragili o senza ambizioni che si stordiscono di alcool e pasticche. Ne abbiamo conosciuti tanti nei film di Ken Loach, e sono rimasti dove li abbiamo lasciati, in primis a combattere contro la disoccupazione, che non dipende dall’invasione dello "straniero" e che nel nostro caso è esemplificata da un medico donna che trova lavoro solo come collaboratrice domestica. Infine, ci sono le persone che affiancano Harold nella sua lunga marcia, che non sono i "fricchettoni" che si univano alla corsa di un Forrest Gump intento guarire da una delusione amorosa macinando chilometri e stati. Gli uomini e le donne che seguono Harold sono alla ricerca di qualcosa o qualcuno in cui credere, e comunque rallentano il signor Fry, costringendolo a fuggire di notte per arrivare il prima possibile dall’amica Gweenie.

Riconoscere a L'imprevedibile viaggio di Harold Fry questo valore simbolico significa anche perdonare le sue ingenuità, legate soprattutto alla scrittura (sia essa la sceneggiatura o il romanzo di Rachel Joyce da cui tutto è nato), perché se l'inizio del film è poetico e sorprendente, oltre che ricco di promesse, poi il racconto diventa un po’ monotono e prevedibile, scandito dagli incontri con "le solite brave persone" e i piccoli problemi pratici del protagonista. E poco importa che Hettie MacDonald abbia girato L'imprevedibile viaggio di Harold Fry in ordine cronologico per poter ottenere un crescendo di emozioni, di verità e soprattutto di fatica per il povero Jim Broadbent. Come si concluderà il film, inoltre, lo capiamo subito, e il modo in cui si arriva al finale non è poi così avvincente.

Detto ciò, dobbiamo ammettere che le imperfezioni del film sembrano scomparire di fronte alla sublime performance di Jim Broadbent, che raccoglie tutta la malinconia della vicenda di Harold e Maureen nei suoi occhi grandi: laghi celesti che parlano di cene consumate senza parlare, di un rimpianto incancellabile, di una passività che solo quello che gli inglesi chiamato un leap of faith (atto di fede) può arrivare a scuotere. In una scena del film, non a caso, qualcuno dice ad Harold: "C’è bisogno di meno razionalità e di più fede", laddove per fede non si intende la religione ma l’intuito, un pizzico di spiritualità, la fiducia nel destino e in un’energia che dà forza alle persone.

L'imprevedibile viaggio di Harold Fry non è solo la storia di chi va ma anche quella di chi resta, e quindi di Maureen, a cui Penelope Wilton dà incredibile spessore. Ogni gesto di questa donna che muore ogni giorno di fronte allo spettacolo di un marito che "ha trascorso la vita a non fare niente" è carico di un dolore sordo ma trattenuto, che può essere stemperato solo dalle abitudini di giornate tutte uguali. Mentre Harold attraversa il paese nutrendosi dei frutti della natura come un Alexander Supertramp in versione invecchiata, lei non incontra amabili individui che le offrono un piatto di minestra, e in questo rappresenta almeno un po’ il compromesso femminile, perché fino a quando si continuerà a dire che "dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna", il sacrificio, e parliamo delle generazioni non giovani, sarà tutto di chi ha portato in grembo i figli e li ha tenuti attaccati al proprio seno. Questo, almeno, sembra suggerirci Hettie MacDonald.

L'imprevedibile viaggio di Harold Fry, che è anche un compendio dei vari "tipi" inglesi, che sono profondamente influenzati dal luogo in cui abitano, ci invita infine a creare legami e ad avere il coraggio di vivere e sentire la sofferenza che abbiamo dentro, e se per poter finalmente piangere tutte le lacrime trattenute serve compiere una mega maratona dal Devon alla remota Berwick Upon-Tweed, poco male. L'importante è indossare (metaforicamente e non) le scarpe giuste, accettare di marciare insieme ai nostri fantasmi e soprattutto mettere nello zaino, accanto al sacco a pelo, la capacità di perdonarsi.

di Carola Proto
Giornalista specializzata in interviste
Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali