Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Sick of myself (Syk Pike)

 
pic_movie_1712   NUM   1712  
  DATA E CINEMA   2023.10.30 KAPPADUE  
  RASSEGNA   CINEMA D'ESSAI  
 
     
  REGISTA   Kristoffer Borgli  
  ATTORI   Kristine Kujath Thorp, Eirik Sæther, Fanny Vaager, Sarah Francesca Brænne, Fredrik Stenberg Ditlev-Simonsen, Steinar Klouman Hallert, Ingrid Vollan, Andrea Braein Hovig, Henrik Mestad, Anders Danielsen Lie, Frida Natland, Guri Hagen Glans, Mathilda Höög, Seda Witt  
  PRODUTTORE   Garage Film International, Oslo Pictures  
  SCENEGGIATORE   Kristoffer Borgli  
  COMPOSITORE   Turns  
  PAESE   Norvegia, Svezia, Danimarca, Francia  
  CATEGORIA   Commedia, Drammatico  
  ANNO   2022  
  DURATA   95 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/sick-of-myself/63390/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Sick of Myself, film diretto da Kristoffer Borgli, racconta la storia di Signe e Thomas (Kristine Kujath Thorp ed Eirik Sæther), che vivono una relazione solida, ma sono molto competitivi l'uno nei confronti dell'altra. Il loro legame diventa davvero tossico, però, quando Thomas raggiunge il successo come artista contemporaneo, grazie alle sculture create da mobili rubati. La cosa fa sentire in Signe messa in ombra e scatena in lei una malsana competizione. Quest'ultima, infatti, cerca disperatamente di riconquistare il suo status provando a diventare una persona nuova e decisa, con l'intento di attirare non solo l'attenzione del suo fidanzato, ma anche quella dei loro amici. La donna mette in atto un piano malvagio per reclamare l'attenzione dell'ambiente dell'élite culturale di Oslo, sfociando nell'assurdo e nel machiavellico.
 

COMMENTO   Sick of Myself parla di narcisismo. Di quel narcisismo fatto di brama di attenzione, e di fama, e di immagine, che è uno dei grandi mali della società contemporanea da alcuni decenni a questa parte, e da quando ci sono i social non ne parliamo nemmeno. Il narcisismo è una malattia, e quindi ecco che l'esordiente Kristoffer Borgli (che ha conquistato un meritato Premio Amanda "l'Oscar norvegese" per la sceneggiatura, ma che gira e inquadra e monta con occhio elegante e intelligente, e impagina molto bene il suo copione sullo schermo) la presenta letteralmente come tale. Il risultato è una satira cupa, che porta alla memoria certo cinema di Marco Ferreri e che è capace di far ridere un sacco, ma anche di disturbare, e anche di portare lo spettatore - tra una piega del racconto e un'altra - a una scomoda identificazione con due personaggi davvero brutti, antipatici, insopportabili. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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Di cosa parli, Sick of Myself, il film ce lo dice subito, in una delle primissime frasi.
Signe e Thomas sono in un elegante ristorante di Oslo, hanno ordinato una bottiglia di vino costosissima e stanno per fare il vento, come si dice a Roma, portandosela via. Lui le dice di uscire con la scusa di aver ricevuto una telefonata. Lei risponde che no, non può, la stanno guardando tutti. “Ma quando sei narcisista, non ti si fila nessuno”, è la risposta di Thomas (senti chi parla, ci sarebbe anche da dire, guardando il resto del film, ma non è questo il punto).

Sick of Myself parla di narcisismo. Di quel narcisismo fatto di brama di attenzione, e di fama, e di immagine, che è uno dei grandi mali della società contemporanea da alcuni decenni a questa parte, e da quando ci sono i social non ne parliamo nemmeno.

Il narcisismo è una malattia, e quindi ecco che l’esordiente Kristoffer Borgli (che ha conquistato un meritato Premio Amanda “l’Oscar norvegese” per la sceneggiatura, ma che gira e inquadra e monta con occhio elegante e intelligente, e impagina molto bene il suo copione sullo schermo) la presenta letteralmente come tale.

L’ansia di Signe - che è peggio di Thomas, ma solo fino a un certo punto: ma, ancora una volta, poco importa - la sua voglia di essere al centro dell’attenzione e delle conversazioni e non solo la ruota di scorta del compagno artista che espone nelle gallerie cool della capitale norvegese, la sua voglia di primeggiare nella coppia, con gli amici, nel mondo è tale da spingerla a fare cose folli e assurde. Già di carattere incline a riscrivere le cose che accadono in base alla sua soggettività e al suo narcisismo, di fronte al successo di Thomas e dopo un incidente rivelatore Signe capisce che, per farsi notare, fingersi malata è la chiave di tutto. Comincia millantando un’inesistente allergia nel corso di una cena, per poi compiere un passo drastico e sconsiderato: assumere di nascosto dosi massicce di un farmaco russo ritirato dal commercio per i suoi gravissimi effetti collaterali che causa sulla pelle delle persone.

E così, Signe riesce nel suo intento, quello di essere al centro dell’attenzione di tutti. O forse no. In ogni caso, a che prezzo.

Ci sono osservatori che non hanno apprezzato Sick of Myself per il suo essere così chiaro, diretto e sfacciato in quello che vuole raccontare. Troppo, dicono. Non sono affatto d’accordo. Quello di Borgli è un attacco frontale, senza incertezze, portato tanto chiaramente per convinzione da un lato e per adeguarsi a tempi in cui sfumature e senso del tono non sono più patrimonio comune. Il suo è un film che non è la solita commedia che addolcisce tutto ma una satira che è capace di far ridere un sacco, ma anche di disturbare, e anche di portare lo spettatore - tra una piega del racconto e un’altra - a una scomoda identificazione con due personaggi davvero brutti, antipatici, insopportabili. I mali di Signe (e di Thomas, certo), per quanto elevati a una dimensione patologica e autodistruttiva, sono quelli che in piccolo tutti noi, in qualche modo, ci portiamo appresso: l’invidia, la voglia di farci notare, di affermarci in un mondo dominato dalla superficialità e dall’immagine. I mali dell'ego.

Senza voler bestemmiare alcuna divinità cinematografica, l’acidità e la cattiveria surreali ma anche assai realistiche di questo film mi hanno fatto venire in mente Marco Ferreri e la sua voglia di provocare, di saper giocare coi registri della commedia, del grottesco e del drammatico, di raccontare storie e personaggi estremi facendoli risuonare fortissimamente nella nostra esperienza quotidiana, personale e collettiva. Se Thomas è chiaramente e più sottilmente odioso, è anche un personaggio più monodimensionale, perché a Borgli interessa relativamente. Lo usa solo come reagente per far muovere e agire il personaggio di Signe (bravissima la sua interprete, Kristine Kujath Thorp): un personaggio che ci fa ridere, ci indigna, ci fa inorridire, ma che in qualche modo perverso è perfino capace di suscitare una qualche perversa forma di pietà.

Non si tratta solo del puro narcisimo, della megalomania della voglia di essere la persona più ammirata della stanza, quella che tutti stanno a sentire e tutti guardano. Né del farsi le foto, fiera del suo viso e del suo corpo deturpato, da postare online per ricevere gli “oh povera” da un lato e i “sei bellissima lo stesso” dall’altro, che arrivano sempre ai tempi dell’inclusività diffusa (e l’inclusività è un altro bersaglio, secondario, di Sick of Myself).
Si tratta di quel processo autodistruttivo che in qualche modo ci riguarda. Di quella sete di riconoscimento che porta Signe a domandare infastidita e esterrefatta “ma non sei ammirata?” all’amica alla quale esponeva i suoi tormenti e i suoi conseguenti successi, e che evidentemente non ne può più di tutta quell'egomania.

Poi certo, Borgli è anche risolto e lucido abbastanza di mettere Signe all’angolo, nel finale del film, quando nel confronto/confessione finale con un’amica, questa le rimprovera senza remore quanto sia perverso il suo continuare a presentasi come vittima, e l’autoindulgenza che ha nei confronti di sé stessa. Anche questi sono mali dei nostri tempi: il paradigma vittimario, il giustificazionismo esasperato, il dissolversi psicologico della responsabilità personale. Ma tutto questo non impedisce poi un finalissimo dove, se la condanna morale è chiara, lo è anche la compassione umana: che in qualche modo non deve mancare mai.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival