Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Mon crime - La colpevole sono io (Mon crime)

 
pic_movie_1655   NUM   1655  
  DATA E CINEMA   2023.05.03 FIUME  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   François Ozon  
  ATTORI   Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert, Fabrice Luchini, Dany Boon, André Dussollier, Édouard Sulpice, Régis Laspalès, Olivier Broche, Félix Lefebvre, Franck de la Personne, Evelyne Buyle, Michel Fau, Daniel Prevost, Myriam Boyer, Jean-Christophe Bouvet, Suzanne De Baecque, Lucia Sanchez, Jean-Claude Bolle-Reddat, Dominique Besnehard, Anne-Hélène Orvelin  
  PRODUTTORE   Mandarin Cinéma  
  SCENEGGIATORE   François Ozon  
  COMPOSITORE   Philippe Rombi  
  PAESE   Francia  
  CATEGORIA   |Azione, Drammatico|  
  ANNO   2023  
  DURATA   102 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/mon-crime-la-colpevole-sono-io/62475/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Mon Crime - La colpevole sono io, film diretto da François Ozon, è ambientato nella Parigi degli anni '30 e racconta la storia di Madeleine Verdie, un giovane attrice senza un soldo e anche senza talento, che viene accusata di omicidio: la vittima è un celebre produttore cinematografico. Grazie all'aiuto della sua migliore amica Pauline, un'avvocata senza impiego, riesce a dimostrare che l'uccisione è avvenuta per legittima difesa. Una volta assolta, Madeleine inizia una nuova vita ricca di da gloria e successo, fino a quando la verità non viene a galla...

PANORAMICA SU MON CRIME - LA COLPEVOLE SONO IO
François Ozon torna al cinema firmando la regia di un giallo esilarante tratto da una pièce del 1934 di Georges Berr e Louis Verneuil. All’origine del progetto c’era la volontà di raccontare la storia di un falso colpevole: “Pur mantenendo il contesto storico e politico degli anni ‘30, ho voluto adattare liberamente la trama in modo che al suo interno risuonassero le nostre preoccupazioni contemporanee in merito ai rapporti di potere e al controllo nelle relazioni uomo/donna. E ho voluto giocare con i parallelismi che esistono tra teatro e giustizia” - ha spiegato il regista. La scelta di realizzare una screwball comedy deriva dal desiderio di rispondere con leggerezza e ironia al periodo che stiamo vivendo: “Abbiamo usato dialoghi scoppiettanti e situazioni strampalate e scorrette in cui i protagonisti inventano delle astuzie per trarsi da drammatici impacci. Mi è sembrato il genere ideale per raccontare questa storia, con un tono di farsa tenera e ironica, giocando sull’assurdo pur abbracciando una parte di teatralità” - ha aggiunto. È avvenuta una sorta di ricostruzione stilizzata dell’epoca, soprattutto grazie al materiale che, seppur datato, aveva una forte modernità intrinseca che ha reso il tutto attuale e armonioso.

L’opera, a detta di Ozon, può essere considerata l’ultimo capitolo della trilogia sulla condizione femminile iniziata con Otto donne e un mistero (2002) e proseguita con Potiche – La bella statuina (2010). “Ho avuto l’occasione di lavorare con giovani attrici esordienti molto promettenti nei panni delle protagoniste e di circondarle di una farandola di attrici e attori affermati e consolidati in gustosi ruoli di contorno” - ha dichiarato.

Nadia Tereszkiewicz, che interpreta Madeleine Verdier, ha amato il suo personaggio e come il regista abbia adattato l’opera teatrale: “François ha mantenuto le sorprendenti risonanze della pièce originale con la nostra epoca. Ne ha ricavato un film profondamente femminista. Era necessario trovare il giusto ritmo e l’equilibrio con tutto il cast” - ha rivelato. Insieme a lei Rebecca Marder, nel ruolo di Pauline Mauléon, proveniente dal teatro e per questo entusiasta di recitare nel film: “Quando, dopo aver passato l’audizione, ho scoperto una sceneggiatura in cui il teatro è protagonista, con il suo eloquio sostenuto, le battute tese e argute e temi di grande attualità, mi sono ritrovata in un universo familiare che ha assunto una dimensione nuova grazie al cinema. Ho riso di gusto e sul set si respirava un’aria di grande eccitazione, eravamo perennemente in movimento” - ha dichiarato. Sul set anche Isabelle Huppert che torna a collaborae con Ozon dopo più di vent’anni: “La pellicola è come un manifesto femminista, anche se il mio personaggio non lo è. La caratteristica che mi identifica in questo caso, è la parlantina” - ha affermato.

«Le riprese si sono svolte molto in fretta e ho avuto l’impressione di non smettere mai del tutto di recitare, in una modalità piuttosto simile alla continuità di tensione drammatica che un attore prova sul palcoscenico durante una rappresentazione. E avevo anche l’impressione di ritrovare lo spirito di coesione di una compagnia teatrale» (Rebecca Marder).

FOCUS SU MON CRIME - LA COLPEVOLE SONO IO
Per ricostruire l’ambientazione anni ’30 di Mon crime - La colpevole sono io, c’è stato un grande lavoro, soprattutto dal punto di vista della fotografia, della scenografia e dei costumi. “Le prime domande che François e io ci siamo posti sono state: utilizziamo la luce naturale o no? Facciamo un film in bianco e nero o a colori? Poi mi ha mostrato le pellicole dell’epoca che ama (Lubitsch e Sacha Guitry) e di cui voleva ritrovare lo spirito, senza ricorrere alla citazione diretta o al pastiche. La difficoltà era restare in una fotografia realistica, credibile per il periodo, senza cercare di riprodurre e basta quello che avevamo visto” - ha spiegato Manu Dacosse, direttore della fotografia che lavora con Ozon dal 2017. Il risultato finale è frutto di un’attenta collaborazione con Jean Rabasse, lo scenografo, estremamente attento alla precisione dei dettagli, e Pascaline Chavanne, la costumista. “Prima delle riprese hanno messo insieme un corposo dossier con precisi schemi visivi. Sono persone brillanti, con gusti eccellenti, che amano condividere e lavorare in squadra e ho voluto adattare il mio lavoro alle loro scelte. Quando Madeleine entra in un ambiente sobrio indossando un abito sontuoso, è quell’abito che io cerco di esaltare con la luce. Quando nel film appare Odette Chaumette, era necessario sublimare il suo aspetto da star attraverso la luce, mettendo in risalto il tessuto dell’abito, la sua acconciatura, le sue espressioni da attrice” - ha precisato Dacosse.
 

COMMENTO   Due giovani donne e un gruppo di maschi ben più anziani che confermano la crisi del patriarcato maschilista. Ma siamo negli anni '30, anche se l'attualità delle ficcanti stilettate di Ozon alla stupidità di certi arcaici meccanismi è dirompente. Commedia spassosa, con elementi da giallo sociale e femminista, il film insiste sulla comune recitazione di una parte in maschera del mondo del teatro e di quello della giustizia criminale. Dopo alcuni film molto cupi, convincente evasione comica per il prolifico regista francese. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it)
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La carriera di François Ozon è caratterizzata da una costante voglia di spiazzare, di cambiare genere e soggetto, di sgusciare via con destrezza da etichette come quella, affibiattagli nei suoi primi film, di autore un po’ provocatore, se non “maledetto”. Dopo alcuni titoli cupi e drammatici, torna ora alla commedia con quello che lui stesso definisce il capitolo finale di una non voluta trilogia dedicata alla “condizione femminile”. I suoi ritratti di donna sono al livello di un Almodovar, ficcanti e mai banali. Lo conferma anche Mon crime, che con il sottotitolo La colpevole sono io ci introduce in un contesto criminale, con tutte le improbabilità eccentriche di una trama gialla sociale. Quasi alla Chabrol, ma con un sano retroterra ironico capace di raccontare donne libere e forti, in pieno identikit MeToo, in maniera molto più efficace e soprattutto godibile di tante prese di posizione aridamente ideologiche.

Trilogia, si diceva, perché siamo dalle parti (non in senso letterale, ma sicuramente ideale e in fondo anche spirituale) di 8 donne e un mistero e del successivo Potiche, meno noto da noi ma decisamente superiore in termini di riuscita. Questa volta François Ozon parte da una pièce del 1934 di Georges Kerr e Louis Verneuil, e la trasforma molto liberamente in un ritratto di due donne giovani, belle e in grado di manipolare con irresistibile leggerezza una serie di maschi presunti autorevoli e di certo pomposi e sciocchi. Una conferma della capacità del regista parigino di dare senso ulteriore alla bellezza della messa in scena, con cui ricostruisce la Parigi degli anni ’30 con verosimiglianza, senz’altro, ma anche con quel sapore da quinta teatrale che ben si concilia a una storia in cui tutti recitano, ma in pochi, o meglio in poche, reggono il palcoscenico con maestria. Fra queste sicuramente una spassosa Isabelle Huppert, nei panni di una pessima attrice che mitraglia una parola dopo l’altra, ma soprattutto la coppia di protagoniste.

Sono Madeleine, giovane attrice accuratamente evitata dal dio del talento, accusata di aver ucciso un celebre produttore a casa sua, mentre cercava di violentarla, e Pauline, migliore amica e coinquilina, avvocata più disoccupata che principessa del foro, che cerca di farla assolvere per legittima difesa. Madeleine è interpretata da Nadia Tereszkiewicz, uno talenti emergenti di grande interesse, già trascinante protagonista di Forever Young di Valeria Bruni Tedeschi. Pauline è invece Rebecca Marder, altrettanto convincente.

I colpi di scena si moltiplicano e non ci macchieremo del reato capitale di spoiler volontario. A proposito di aule di tribunale che dialogano con il palcoscenico di un teatro, e investigatori di una stupidità esilarante come Fabrice Luchini e Dany Boon, in Mon crime tutto è diverso da come appare. O meglio, ogni colpo potenzialmente letale può essere capovolto in occasione di successo inatteso, verso una carriera trionfale. Basta avere l’intelligenza e lo spirito libero delle splendide donne ancora una volta raccontate da Ozon. Dialoghi serrati, ironia feroce, il film delizia per la sua arguzia e rappresenta una commedia femminista capace di prendere per le parti basse il rincretinito patriarcato di oggi, ben al di là degli anni ’30.

di Mauro Donzelli
critico e giornalista cinematografico
intervistatore seriale non pentito