Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Holy Spider (Holy Spider)

 
pic_movie_1653   NUM   1653  
  DATA E CINEMA   2023.04.18 KAPPADUE  
  RASSEGNA   CINEMA D'ESSAI  
 
     
  REGISTA   Ali Abbasi  
  ATTORI   Zar Amir-Ebrahimi, Mehdi Bajestani, Arash Ashtiani, Forouzan Jamshidnejad, Sina Parvaneh, Nima Akbarpour  
  PRODUTTORE   Profile Pictures, ONE TWO Films, Arte France Cinéma  
  SCENEGGIATORE   Ali Abbasi, Afshin Kamran Bahrami  
  COMPOSITORE   Martin Dirkov  
  PAESE   Danimarca, Germania, Francia, Svezia  
  CATEGORIA   Thriller, Drammatico  
  ANNO   2022  
  DURATA   115 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/holy-spider/61903/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Holy Spider, film diretto da Ali Abbasi, è ambientato in Iran nel 2001 e racconta la storia di un uomo di nome Saeed (Mehdi Bajestani), un padre di famiglia alle prese con la propria ricerca religiosa. Saeed è intenzionato a compiere una sacra missione: purificare la città santa di Mashhad, cercando di sradicare del tutto la prostituzione, simbolo di immoralità e corruzione. Il modo che sceglie per portare a termine questa impresa è l'eliminazione fisica delle donne. Dopo aver mietuto già qualche vittima, Saeed si ritrova però in preda alla disperazione, perché le persone non sembrano interessate affatto alla sua missione divina. Nel frattempo una giornalista di Teheran, Rahimi (Zar Amir-Ebrahimi), giunge in città per indagare sullo spietato serial killer, rendendosi conto che le autorità locali non sembrano avere fretta di trovare il colpevole...
 

COMMENTO   Gli ingredienti ci sono tutti: la giornalista investigativa, la polizia un po' corrotta, la tensione, la caccia a un killer di cui, noi che guardiamo, conosciamo benissimo l'identità. E però si capisce subito, anche, che Holy Spider non è solo e soltanto un film di genere, solo la storia di una caccia al killer delle prostitute di Mashaad. Situazioni, toni, battute: tutto è messo lì in bella mostra per raccontare anche altro, quell'altro che ancora una volta è "il grande tema" che oramai a certo cinema pare essere indispensabile, perché raccontare storie e sentimenti non basta più. Pare. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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Mashaad è una grande città iraniana, luogo di pellegrinaggio, perché luogo di sepoltura di un martire dell'Islam, l'Imam Reza.
A Mashaad un serial killer soprannominato dalla stampa "il ragno" sta uccidendo prostitute che abborda e poi strangola, rivendicando poi i suoi omicidi telefonando alla stampa e dichiarando che la sua è una jihad, una guerra santa contro il vizio e la caduta della morale. A Mashaad arriva, da Teheran, una giornalista che vuole scrivere un reporage sul caso, e scovare l'identità di un killer che, sospetta lei, polizia e autorità non hanno molta intenzione di arrestare. Si capisce dalle prime scene di Holy Spider, dal primo omicidio del killer che vediamo e da come Ali Abbasi riprenda le luci notturne di Mashaad, nemmeno fosse la Los Angeles di Michael Mann in Collateral, che questo è un film che flirta vicinissimo col genere codificato in chiave hollywoodiana. C'è pure un po' di Zodiac, dopo.

Alla fine, gli ingredienti ci sono tutti: la giornalista investigativa, la polizia un po' corrotta, la tensione, la caccia a un killer di cui, noi che guardiamo, conosciamo benissimo l'identità. E però si capisce subito, anche, che Holy Spider non è solo e soltanto un film di genere, solo la storia di una caccia al killer delle prostitute di Mashaad. Situazioni, toni, battute: tutto è messo lì in bella mostra per raccontare anche altro, quell'altro che ancora una volta è "il grande tema" che oramai a certo cinema pare essere indispensabile, perché raccontare storie e sentimenti non basta più. Pare.

Il tema, qui, è quello del maschilismo, arrogante e violento, insito nella cultura iraniana, cultura antropologica, politica e religiosa.
Perché tutto l'atto finale del film di Abbasi, quello che arriva dopo che il killer viene finalmente arrestato, grazie ovviamente al fondamentale contributo dell'intrepida giornalista, riguarda le reazioni popolari a questo arresto, che non sono quelle che uno, uno che non vive lì, potrebbe immaginare, e i dubbi e le paure della giornalista riguardo al fatto che giustizia venga davvero fatta.

Abbasi, che è iraniano di nascita ma è naturalizzato danese, ha un doppio passaporto, e uno sguardo che è chiaramente globale e globalizzato, e la commistione tra stile hollywoodiano e dinamiche iraniane ce l'ha nel sangue. E il genere lo fa funzionare. L'impressione, tuttavia, è che questo film, tutto nato e pensato dentro l'Occidente, e che dentro l'Occidente vivrà e prospererà, sia un po' troppo didascalico e vagamente facile riguardo realtà che mira a raccontare, sulla questione del tema, e che le ambiguità etiche e morali che vuole ritrarre, le zone d'ombra del pensiero e della democrazia, non generino mai davvero una tensione sufficiente a far chiedere allo spettatore quale esito possa avere la storia, né tantomento a generare riflessioni complesse.
A dispetto di un colpo di coda finale che, più narrativamente e moralmente che per ragioni stilistiche, riporta tutto in territori che più hollywoodiani non si potrebbe, ma che i nodi, comunque, non li scioglie mai del tutto, con una certa malcelata furbizia.

E che il tutto, come recita un cartello finale, sia ispirato a fatti realmente accaduti, non serve a elevare il risultato.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival