Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Women talking - Il diritto di scegliere (Women talking)

 
pic_movie_1640   NUM   1640  
  DATA E CINEMA   2023.03.10 KAPPADUE  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Sarah Polley  
  ATTORI   Rooney Mara, Frances McDormand, Judith Ivey, Emily Mitchell, Kate Hallett, Liv McNeil, Claire Foy, Sheila McCarthy, Jessie Buckley, Michelle McLeod, Kira Guloien, Shayla Brown, Vivien Endicott Douglas  
  PRODUTTORE   Hear/Say Productions, Plan B Entertainment  
  SCENEGGIATORE   Sarah Polley, Miriam Toews  
  COMPOSITORE   Hildur Guðnadóttir  
  PAESE   USA  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2022  
  DURATA   104 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/women-talking-il-diritto-di-scegliere/62586/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Women Talking - Il diritto di scegliere, il film diretto da Sarah Polley, è tratto dall'omonimo romanzo di Miriam Toews.
Un gruppo di donne che appartiene a una comunità religiosa isolata e rigida, subisce ogni tipo di sopruso, maltrattamento e violenza sessuale da parte dei loro uomini.

Queste donne si troveranno un giorno a dover fare una scelta decisiva: non fare niente, restare e combattere o andare via. La scelta più importante della loro vita. Dovranno però confrontarsi con l’ostacolo più grande, la loro profonda Fede. Ma il bisogno di giustizia e di non subire e non far subire alle proprie figlie tutta quella violenza, le aiuteranno a reagire e affrontare la lotta.

PANORAMICA SU WOMEN TALKING - IL DIRITTO DI SCEGLIERE
Sarah Polley porta sul grande schermo il dolore delle donne con empatia e durezza, guadagnandosi ben due candidature ai Premi Oscar 2023. Tratto dall’omonimo libro di Miriam Toews (2018), la pellicola affronta il tema dal punto di vista di una comunità femminile che deve decidere come rispondere agli abusi subiti, senza che questo si traduca mai in immagine: “Nonostante il retroscena dietro gli eventi di Women Talking sia violento, il film non lo è. Non vediamo mai la violenza che le donne hanno subito. Vediamo solo brevi scorci delle conseguenze” - ha spiegato la regista. L’obiettivo, per Polley, era dare una risposta alle numerose domande che il romanzo le aveva smosso e capire come ricostruire un mondo distrutto. Rimanere e perdonare? Combattere affinché le cose cambino? O andare via e ricominciare altrove?

L’idea del progetto, però, si deve a Frances McDormand, tra le protagoniste nel cast. È stata proprio l’attrice a proporre la storia alla produttrice Dede Gardner, colpita dalla passione che c’era dietro la richiesta. Per la regia entrambe volevano qualcuno che scrivesse anche la sceneggiatura e la scelta è presto ricaduta su Sarah Polley. “Ciò che mi ha sorpreso è stato il modo epico in cui Sarah ha immaginato il film. Forse me lo aspettavo più intimo e stilisticamente più rustico, ma lei ha capito che doveva avere una grandiosità epica” - ha dichiarato McDormand.

Claire Foy è Salome, madre di una bambina che nella storia è stata stuprata. Dopo il ruolo della regina Elisabetta II nella serie drammatica The Crown, l’attrice ha dichiarato che questa era la parte che aspettava da tempo: un personaggio forte e determinato, in un gruppo più ampio di donne che discutono su come affrontare la violenza. "Quello che offre questa pellicola è ciò di cui il film ha più bisogno, il dialogo con il pubblico su argomenti così difficili. Credo che queste siano conversazioni che le donne abbiano avuto nelle stanze tra loro o che avrebbero voluto avere e non gli è mai stato dato il permesso. Mi piacerebbe vederne di più sullo schermo” - ha confessato in un’intervista. Fanno parte del cast del film anche Rooney Mara e Jessie Buckley. Quest’ultima ha ribadito che il punto di forza di Women talking sia proprio nella scelta di conversare a lungo di un argomento così delicato. Ben Whishaw, che interpreta August Epp, ha dichiarato come il messaggio del film, alla fine, sia spiegare agli uomini che il patriarcato non serve neppure a loro.

«Ho immaginato questo film nel regno di una favola… volevo sentire in ogni fotogramma il potenziale infinito e le possibilità contenute in una conversazione su come rifare un mondo distrutto» (Sarah Polley).

CURIOSITÀ SU WOMEN TALKING - IL DIRITTO DI SCEGLIERE
Il film Women Talking è basato sull'omonimo romanzo di Miriam Toews del 2018, a sua volta basato su una storia vera di stupri seriali in una comunità mennonita e ultraconservatrice della Bolivia nel 2010.

Il film ha ricevuto 2 nomination ai Golden Globes 2023: Candidatura per la migliore sceneggiatura a Sarah Polley e Candidatura per la migliore colonna sonora originale a Hildur Guðnadóttir

Candidato a due Premi Oscar 2023: Miglior Film e Miglior Sceneggiatura non originale
 

COMMENTO   Tornata dietro la macchina da presa dopo dieci anni di assenza, Sarah Polley racconta una storia che parte da fatti reali e atroci ma che sullo schermo diventa astratta e priva di ogni violenza. Chiaramente femminista e militante, Sarah Polley non commettere l'errore di generalizzare, cosciente della differenza tra la questione esemplare e paradigmatica che racconta e la realtà, e non dimentica mai di mettere al primo posto le esigenze formali e narrative del cinema. A lei non interessa la messa in scena della violenza ma, come già la Maria Schrader in Anche io, curiosamente anche quello prodotto da Brad Pitt, restituire alle donne la parola attraverso la quale trovare coscienza, identità, coraggio, determinazione. E le interessa fare del suo film una testimonianza di dibattito e autocoscienza, di ragionamento su generi e società, da consegnare al suo spettatore, maschio ma non solo. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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Sarah Polley è una che da sempre, prima da attrice (dal Barone di Munchausen di Gilliam agli zombie di Zack Snyder) e poi, ancora di più, da regista, ho sempre seguito con interesse e attenzione. Una che in passato ha diretto film bellissimi come Away from Her, o il documentario (sui generis) Stories We Tell. Sono passati dieci anni da quell’ultimo suo film, e fa piacere constatare che questi dieci anni di iato non hanno affatto perdere la mano, né l’occhio, alla canadese.

Quella storia di Women Talking è una storia terribile. Una storia che parte da fatti realmente accaduti (in Bolivia, in una comunità Mennonita, nei primi anni Duemila) poi raccontati in un romanzo (di Miriam Towes): fatti atroci sullo stupro sistematico di donne che venivano stordite da narcotici veterinari. Di atroce, in Women Talking, non c’è però nulla.

Perché - come già aveva fatto Maria Schrader in Anche io, curiosamente anche quello prodotto da Brad Pitt, come questo, e come Blonde - a Sarah Polley non interessa affatto la sensazionalistica e spesso controproducente messa in scena della violenza, della violenza maschile sulle donne, ma le interessa, come ci dice esplicitamente il titolo del suo film, restituire alle donne la parola. Una parola attraverso la quale trovare coscienza, identità, coraggio, determinazione.

“Quello che segue è un atto d’immaginazione femminile”, avverte Sarah Polley all’inizio del film.
Un film che, quindi, ha qualcosa della fiaba, sicuramente l’astrazione, e che sembra vivere e galleggiare in un tempo sospeso, più sospeso ancora di quello che esiste all’interno di comunità religiose che, ai giorni nostri, si ostinato a vivere, e a pensare, come fossimo ancora nell’Ottocento. Un film che in qualche modo riprende quella sensazione di assenza di peso, e di deriva dalla realtà, di cui parla nelle sue primissime scene la voce narrante, quella di una delle donne protagoniste, la più giovane.

A far diventare ancora più astratto e fiabesco il mondo di Women Talking, la fotografia di Luc Montpellier, curatissima, chiaramente malikiana, ma mai eccessivamente patinata, e soprattutto desaturata per ridurre i colori, ma non le sfumature.

E però, in questo mondo sospeso, nelle 48 ore in cui prima del ritorno nella comunità dei loro aggressori, le donne protagoniste di questo film, chiuse nella bolla di un fienile, discutono di cosa fare (perdonare, come chiesto dagli anziani; rimanere e combattere; andarsene e ricominciare una nuova vita altrove), a dare gravità e concretezza al film sono proprio le parole. Le parole delle donne, finalmente libere di esprimere il loro pensiero libere da ogni condizionamento maschile.

Tutto quello che vediamo, in Women Talking, al netto di alcune composte e limitate digressioni quasi oniriche, sicuramente liriche, sono le protagoniste (brave, molto brave, tutte: dall’eterea Rooney Mara alla rabbiosa Jesse Buckley, passando per la determinata Claire Foy, e per tutte le altre meno note ma non meno capaci: ??Sheila McCarthy, Judith Ivey, Liv McNeil, Michelle McLeod e Kate Hallett) che parlano, si raccontano, si confrontano, litigano, valutano, ragionano. Che cercano di arrivare a una sintesi e a una decisione, facendo di quello di Polley una sorta di versione femminista di La parola ai giurati.

Non c’è altro, ma non è poco.

Certo, si dirà, Women Talking è un film costruito su una contrapposizione radicale e manichea. Dove l’unico uomo adulto accettabile è quello interpretato da Ben Whishaw, quell’August timido, mite, gentile e innamorato (del personaggio di Mara) chiamato dalla donne, che mai hanno imparato a leggere e scrivere per imposizione patriarcale, a redigere le minute, i verbali, delle loro riunioni. Un uomo, vien da dire, fin troppo desmascolinizzato, e forse l’unico vero punto debole del film, per quanto questo incida solo nel complesso, e non sulla capacità di rendere il personaggio.

Sì, è manicheo, Women Talking, ma mai troppo, e mai in maniera tale da proiettare quella schematica contrapposizione, che nella scena tale lo è necessariamente, anche nel mondo.

Certo, si dirà, Women Talking è un film così chiaro, limpido, dichiarato, enunciato, da diventare un po’ didascalico. Eppure, questo suo didascalismo, che pure non è mai eccessivo, non diventa mai certificazione dell’ovvio, ma trasparenza di pensiero e di parola. Diventa veicolo di accessibilità scevra da ogni possibilità di fraintendimento, ma mai spiegone per dummies.

Bisogna dirlo. Non era facile, in tempi come quelli che viviamo, tempi non troppo equilibrati e con un’evidente tendenza a sbandate poco lucide da ogni parte e ogni punto di vista, fare di Women Talking un film capace di essere chiaro, deciso, femminista e militante, senza che questo lo trasformasse in un film radicalmente antimaschile, o accecato dall’ideologia e prono a eccessi poco utili e producenti. Sarah Polley ci è riuscita, e ci è riuscita tenendo sempre ben presente che il suo, prima che un manifesto, era un film. Un film al quale dedicare grande attenzione e cura nella forma, nella (esemplare) scrittura, nella recitazione. Un film chiuso nella sua storia, ma capace di dialogare col mondo.

Capace di muovere coscienze e sentimenti, e di muoversi in quel grande filone di cinema d’impegno civile (magari discalico, magari manicheo, ma utile) che in passato, a Hollywood, ha toccato molto spesso questioni razziali, e che ora parla di genere. E forse è per questo che la superflua postilla italiana al titolo, Il diritto di scegliere, mi è parsa consonante a quella di Mississippi Burning, Le radici dell'odio.

Alla fine di Women Talking, il povero August, costretto a rinunciare il suo amore, chiede al personaggio di Claire Foy di consegnare all’amata le minute delle discussioni cui ha assistito. E, a suo modo, forse, perfino partecipato. Foy risponde che no, quelle minute sono per lui, per lui, in quanto uomo, e uomo capace di comprendere, sono sempre state.

Ecco, Sarah Polley vede in August il suo spettatore, il suo spettatore maschile, cui consegnare quella grande minuta che è il suo film. Perché resti testimonianza, segno, traccia. Perché si possa comprendere, imparare, o magari soltanto ricordare.

In questo, io, da spettatore, da uomo, non vedo nulla di mortificante, né di degradante.

E la quindicenne che ha visto il film con me, commuovendosi, da spettatrice e da donna, nemmeno.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival