Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Everything Everywhere All at once (Everything Everywhere All at once)

 
pic_movie_1633   NUM   1633  
  DATA E CINEMA   2023.02.24 FIUME  
  RASSEGNA   CINEMA D'ESSAI  
 
     
  REGISTA   Dan Kwan, Daniel Scheinert  
  ATTORI   Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan, James Hong, Jamie Lee Curtis, Tallie Medel, Jenny Slate, Harry Shum Jr., Randy Newman, Biff Wiff, Sunita Mani, Aaron Lazar  
  PRODUTTORE   A24, AGBO Production, IAC Films, Year of The Rat  
  SCENEGGIATORE   Dan Kwan, Daniel Scheinert  
  COMPOSITORE   Son Lux, Ryan Lott, David Byrne  
  PAESE   USA  
  CATEGORIA   Azione, Avventura, Commedia  
  ANNO   2022  
  DURATA   139 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/everything-everywhere-all-at-once/62112/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Everything Everywhere All at Once, il film diretto dai The Daniels, racconta la storia di Evelyn Wang (Michelle Yeoh), una donna di origini cinesi che gestisce una piccola lavanderia a gettoni. Evelyn è sempre piena di lavoro e deve occuparsi non solo della sua attività, ma anche della sua famiglia: un padre ormai rintronato (James Hong), una figlia adolescente Joy (Stephanie Hsu), che non sembra più riuscire a comprendere, e un matrimonio con Waymond (Ke Huy Quan), un uomo debole con il quale non si trova per nulla bene. Come se la sua impegnata vita non bastasse, Evelyn riceve anche un controllo fiscale che la porta a imbattersi in Deirdre (Jamie Lee Curtis), un'ispettrice puntigliosa.
Mentre deve fare i conti con l'agente, la donna assiste a una spaccatura nel multiverso, che la trascina in un'avventura fatta di realtà parallele. Il suo compito ora è sconfiggere il nemico e salvare il destino degli universi, riportando così non solo l'armonia nelle varie dimensioni, ma anche nella sua vita e nella sua famiglia.

CURIOSITÀ SU EVERYTHING EVERYWHERE ALL AT ONCE
- I Daniels hanno originariamente scritto la sceneggiatura pensando a Jackie Chan per il ruolo principale, ma alla fine hanno deciso che la protagonista dovesse essere una donna.
- Il film segna il ritorno alle scene dopo 40 anni del mitico Ke Huy Quan, interprete degli amatissimi Data (I Goonies) e Short Round (Indiana Jones e il tempio maledetto).
- Dopo la prima uscita nei cinema italiani il 6 ottobre 2022, il film, vincitore di due Golden Globe 2023, torna nelle sale il 2 febbraio 2023
 

COMMENTO   Non è solo dal caos delle nostre vite, che i Daniels hanno preso spunto, ma anche dalla sovrabbondanza sempre più eccessiva di stimoli e di informazioni dalla quale veniamo sommersi all'epoca del digitale e di internet.

Ecco che allora anche il loro film è sovrabbondante, e che le vicende rispecchiano il turbinare impazzito di stimoli visivi e sonori e informativi cui siamo sottoposti ogni minuto e che finiscono coll'annichilirci in una condizione di sempiterna superficialità. Il problema, però, è anche anche Everything Everywhere All At Once finisce spesso con l'essere schiacciato nella medesima condizione, a dispetto delle ottime intenzioni. E l'impressione è che, oltre che uno specchio ironico, gioioso ma anche triste della realtà, il film sia, di questa realtà, un affresco manierista e inutilmente barocco. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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A ben pensarci, nel multiverso noi ci viviamo davvero. La nostra vita è un multiverso: c'è l'universo del lavoro, quello del rapporto coniugale, quello dei figli; l'universo dei nostri sogni, quello delle nostre frustrazioni e quello dei mille problemi che la vita sembra diversi a metterci di fronte giorno dopo giorno. E, come ben sappiamo praticamente tutti, tranne a happy few, è che i veri problemi nascono quando, ovvero sempre, noi dobbiamo effettuare operazioni di alta giocoleria tra tutti questi molteplici universi in cui viviamo contemporaneamente. E siccome sotto la fantascienza, dietro al kung fu, all'azione e agli effetti speciali Everything Everywhere All at Once parla di quello di cui tutti abbiamo conoscenza, ovvero di quel casino terribile della vita, dove tutto pare succedere sempre ovunque e nello stesso momento, ecco che il titolo pare quasi una dichiarazione d'intenti.

Non è solo dal caos delle nostre vite, che i Daniels hanno preso spunto, ma anche dalla sovrabbondanza sempre più eccessiva di stimoli e di informazioni dalla quale veniamo sommersi all'epoca del digitale e di internet. Ecco che allora anche il loro film è sovrabbondante, e che le vicende rispecchiano il turbinare impazzito di stimoli visivi e sonori e informativi cui siamo sottoposti ogni minuto e che finiscono coll'annichilirci in una condizione di sempiterna superficialità.

Il problema, però, è anche anche EEAAO finisce spesso con l'essere schiacciato nella medesima condizione, a dispetto delle ottime intenzioni. E l'impressione è che, oltre che uno specchio ironico, gioioso ma anche triste della realtà, EEAAO sia, di questa realtà, un affresco manierista e inutilmente barocco.

I riferimenti sono chiari, e sono tantissimi. Non tanto i multiversi marveliani, che pure i Daniels, probabilmente, vorrebbero maneggiare volentieri, ma soprattutto Matrix, di cui EEAAO sembra una sorta di remake, o di reboot, se preferite, tanto nella trama quanto nell'estetica a cavallo tra il rétro e il futuribile, per non parlare del kung fu. Un Matrix dove però c'entra meno Baudrillard, e la filosofia orientale e non, ma dove centrali sono questioni spicciole, familiari, esistenziali in senso comune e banale, se mi passate il termine.

Al posto del signor Anderson, che pure i suoi problemi li aveva, una donna stretta in una morsa letale, con un marito che, anche se lei non lo sa, la ama ma vuole lasciarla, una figlia che non capisce e non accetta, un padre anziano un po' rimbambito ma sempre castrante, e un lavoro caotico che la costringe a stremanti dichiarazioni dei redditi. E, soprattutto, una morsa di dubbi: quelli che prima o poi abbiamo fatto tutti riguardo le scelte, grandi e piccole, che abbiamo fatto nel corso della vita e che ci hanno condotto dove (e chi) siamo adesso.

Spogliata dagli elementi fantastici e fantascientifici, dai multiversi e dal kung fu, la storia di EEAAO è quella, allora, di una donna che trova il modo di far pace con la propria vita, le proprie scelte e, soprattutto, con una figlia che non casualmente era diventata il villain della storia. Pace con la figlia, nel segno dell'amore e dell'accettazione e della compassione, rifiutandosi di soccombere allo stress, per non ripetere gli errori del passato.

Va bene, ci sta, non sarebbe poco.
Il problema non sta certo nel tema, o nella maniera un po' facilona di affrontarlo. Nemmeno che questo tema, come tutto quello che fa la sua apparizione in questo film, dagli attori alle scene d'azione passando per le citazioni pop e meno pop, sia rimando a qualcosa di altro, e che quella che è stata definità altrove l'originalità del film di originale, in realtà, abbia ben poco (e se mi citate le dita a hot-dog, guardatevi un Gondry a caso, e poi ne riparliamo).

Il punto, nel bene come nel male, è che EEAAO è ciò che nasce dal compostaggio delle immagini cinematografiche più popolari degli ultimi vent'anni (e non solo), dai cartoon Pixar al cinema d'autore di Wong Kar-wai, immagini isolate, private di contesto, frullate assieme, lasciate macerare e spalmate di nuovo su uno schermo. EEAAO è un film mosaico, di quelli che si trovano online, quelli che si fanno via algoritmo con gli screenshot dei film a formare un'immagine che non è nuova, ma replica di un'altra.

Si capisce benissimo che i Daniels se la siano spassata e che, sotto l'ombrello très chic della A24, si siano sentiti protetti e riparati e autorizzati a far ciò che volevano, con gaudente anarchia. Ma non sempre noi che guardiamo ce la spassiamo allo stesso modo, e non sempre riusciamo a superare la vera, grande contraddizione di fondo di questo film: quella per la quale la critica implicità al caos sempre più rutilante delle nostre esistenze debba necessariamente passare per una sua rappresentazione estremizzata, nella quale il magma di immagini, informazioni, riferimenti è gettato addosso allo spettatore con una aggressività ludica sì, ma fin troppo compiaciuta.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival