Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Living (Living)

 
pic_movie_1620   NUM   1620  
  DATA E CINEMA   2023.01.31 FIUME (CINEF 58-10)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Oliver Hermanus  
  ATTORI   Bill Nighy, Aimee Lou Wood, Alex Sharp, Tom Burke, Adrian Rawlins, Oliver Chris, Michael Cochrane, Zoe Boyle, Lia Williams, Richard Cunningham, Patsy Ferran, John MacKay, Robert Burton Hubele, Anant Varman, Jessica Flood  
  PRODUTTORE   British Film Institute, County Hall, Film4, Filmgate Films, Ingenious Media, Ingenious, Kurosawa Production Co., Lipsync Productions, Number 9 Films, Rocket Science  
  SCENEGGIATORE   Kazuo Ishiguro  
  COMPOSITORE   Emilie Levienaise-Farrouch  
  PAESE   Gran Bretagna, Giappone, Svezia  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2022  
  DURATA   102 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/living/62530/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Living, film diretto da Oliver Hermanus, è ambientato nella Londra degli anni Cinquanta e racconta la storia del signor Williams (Bill Nighy), che lavora come responsabile di un ufficio municipale. La sua mansione gli permette di concedere o meno l'autorizzazione a usare un luogo pubblico e nel suo lavoro lui è impeccabile, nonché sempre coerente con le sue scelte. Un giorno il burocrate riceve una pessima notizia sulla sua salute: è malato e non gli resta molto da vivere. È così che l'algido signora Williams, noto per non aver alcun senso dell'umorismo ed essere troppo preso da scartoffie burocratiche, decide di cambiare modo di vivere. L'uomo si lascia andare a quei piaceri su cui fino ad oggi non si era neanche mai soffermato neanche a pensare, cambiando così anche l'approccio al suo lavoro…

CURIOSITÀ SU LIVING
Ispirato al film Vivere (1952) di Akira Kurosawa, che a sua volta è si basa sul romanzo La morte di Ivan Il'ic (1886) di Lev Tolstoj.
 

COMMENTO   Questa bella ed elegante rivisitazione del capolavoro di Akira Kurosawa, Vivere, meno nichilista dell'originale, con una straordinaria interpretazione di Bill Nighy, è un insolito feel-good movie da parte di un regista sudafricano e dello scrittore premio Nobel anglo-giapponese Kazuo Ishiguro, che ci dimostrano che certe storia si possono anche ri-raccontare facendole proprie. (Daniela Catelli - Comingsoon.it)
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Nel 1952, da pochi anni terminata la seconda guerra mondiale con le terribili conseguenze sul suo paese, Akira Kurosawa realizza Vivere, uno dei suoi film più belli, puntuali e pessimisti, che ha al centro il capoufficio della sezione civile del comune di Tokyo, Watanabe, che dalla morte della moglie avvenuta 25 anni prima trova nella routine l'unico modo di vivere che conosce, trasformato suo malgrado in una mummia che ripete gli stessi inutili gesti, senza una vera passione per il lavoro e con un figlio distante e indifferente, interessato solo ai soldi. Quando l'uomo scopre di avere un tumore allo stomaco e pochi mesi di vita, tutto gli crolla addosso, e dopo aver provato a sperimentare i piaceri mondani in compagnia di uno scrittore, scoprendo che non fanno per lui, decide di fare per una volta la differenza, aiutando un gruppo di madri nella costruzione di un parco giochi su un terreno paludoso. Resterà il suo nome? Cambierà qualcosa nella catena di inefficienza burocratica kafkiana in cui si è trasformato il Giappone e si è spenta la gloria dell'impero? Sicuramente no, ma almeno per una volta Watanabe è stato felice, facendo concretamente qualcosa per gli altri.

70 anni dopo, lo scrittore giapponese naturalizzato britannico Kazuo Ishiguro, premio Nobel, decide di rivisitare quel capolavoro in bianco e nero per farne una storia ambientata nella Gran Bretagna del 1953, coi suoi burocrati con ombrello e bombetta, e pensa per il personaggio principale a Bill Nighy. Nasce così Living, con la benedizione degli eredi di Kurosawa, che stimano Ishiguro e la sua capacità di cogliere l'essenziale. Fedele nella trama, salvo poche ma significative deviazioni di cui diremo, Living è un film in fulgidi colori, che sembra girato proprio in un'epoca di cui riprende le tinte dai filmati di repertorio. Risalta ancora di più in questo intenso paesaggio urbano il grigiore di questi “gentlemen”, che prendono il treno tutti alla stessa ora, da pendolari, per andare a lavorare nella City Hall (quelli che vediamo nel film sono gli storici spazi architettonici dell'ente) del municipio londinese. Mr. Williams, il capo anziano, non si mescola agli altri impiegati, che lo salutano con deferenza e un po' di ironia, sempre un passo indietro, ma poi si trovano tutti nella stessa stanza fumosa, di fronte a pile di scartoffie che restano sempre inevase. Se ancora oggi, spesso, assistiamo allo scaricabarile tra un ufficio e l'altro e il cittadino viene sballottato in modo confuso tra gente che attribuisce ad altri le sue competenze, nella Londra di mr. Williams questo continuo rimpallo di responsabilità è un vero e proprio sistema.

Nel film diretto con mano sicura dal sudafricano Oliver Hermanus è un giovane e speranzoso neofita, Peter Wakeling (l'ottimo Alex Sharp) il nostro sguardo privilegiato sulla vicenda. O meglio, lui, con la giovane ex impiegata con cui mr. Williams si confida. Rispetto al film di Kurosawa, qua le nuove generazioni non sono già assuefatte alla macchina, e anche se alla fine sembra che ne accettino le regole, sono ben consapevoli che qualcosa deve cambiare per poter effettivamente vivere, e non sopravvivere come il povero mr. Williams, fino a quando non ha scoperto di stare per morire. C'è un afflato di speranza in più in questo film elegante e bello, che finisce per diventare un anomalo feel-good movie, ma soprattutto c'è la straordinaria prova di Bill Nighy, un attore esploso presso il grande pubblico con Love actually ma che ha alle spalle una lunghissima e prolifica carriera (al cinema da oltre 40 anni) e che finalmente, dopo esser stato utilizzato per lo più come caratterista, diventa protagonista. Per il ruolo è stato candidato al Golden Globe e non è da escludere – sarebbe solo giusto – anche una nomination all'Oscar.

Ne apprezziamo non solo l'intensa mobilità del volto, lo sguardo "parlante" e la naturalezza con cui riveste i panni di “mr. Zombie”, ma anche il modo di recitare mai forzato, l'uso della voce, delle pause, la verità con cui riesce a farci credere al personaggio. Per apprezzare al meglio la performance di questo grande veterano, dove possibile, ne consigliamo la visione in lingua originale. Rispetto al film di Kurosawa, Living ha una durata assai più contenuta e certi passaggi possono sembrare bruschi, ma resta comunque la dimostrazione che certe storie si possono anche ri-raccontare, a condizione di saperle far proprie. Non tutti i remake, purché non abbiano la pretesa di migliorare un capolavoro che resterà tale per sempre, sono inutili per definizione, purché alla base ci siano sentimenti ed emozioni universali.

di Daniela Catelli
Saggista traduttrice e critico cinematografico
Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità