Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Diabolik - Ginko all'attacco! (Diabolik - Ginko all'attacco!)

 
pic_movie_1591   NUM   1591  
  DATA E CINEMA   2022.11.17 FIUME  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Antonio Manetti, Marco Manetti  
  ATTORI   Giacomo Gianniotti, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Monica Bellucci, Alessio Lapice, Linda Caridi, Pier Giorgio Bellocchio, Ester Pantano, Andrea Roncato, Amanda Campana, Urbano Barberini, Giacomo Giorgio, Simone Leonardi, Pierangelo Menci, Marco Bonadei, G-Max, Gustavo Frigerio  
  PRODUTTORE   Mompracem con Rai Cinema, in associazione con Astorina  
  SCENEGGIATORE   Antonio Manetti, Marco Manetti, Michelangelo La Neve  
  COMPOSITORE   Pivio e Aldo De Scalzi  
  PAESE   Italia  
  CATEGORIA   Giallo  
  ANNO   2022  
  DURATA   111 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/diabolik-2-ginko-all-attacco/62014/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Diabolik 2 - Ginko all'attacco, il film diretto da Antonio e Marco Manetti, segue ancora una volta il ladro e genio del crimine Diabolik (Giacomo Gianniotti) e la sua amata complice Eva Kant (Miriam Leone) in una nuova avventura, mentre l'ispettore Ginko (Valerio Mastandrea) non smette di seguire le loro tracce, deciso ad arrestarli una volta per tutte.

In questo secondo capitolo, Diabolik ed Eva Kant sembrano avere un piano apparentemente perfetto per. Ma non sanno che dietro questo colpo si nasconde una trappola dell’astuto ispettore Ginko, che mette a dura prova il loro legame. Tradita dal Re del Terrore, Eva decide di vendicarsi, proponendo all'ispettore di collaborare alla cattura di Diabolik. Una decisione difficile per Ginko che deve anche affrontare l'arrivo di Altea, duchessa di Vallenberg (Monica Bellucci), eterna fidanzata dell’ispettore, nobildonna stravagante e anticonvenzionale, dal carattere forte e dal grande carisma.
 

COMMENTO   Non un sequel, ma un nuovo capitolo (in attesa del terzo e forse ultimo) delle avventure cinematografiche del Re del Terrore. Che conferma le scelte del primo film, la radicalità della messa in scena filologicamente corretta, ma che tenta anche una curiosa e interessante evoluzione, che spinge a chiedersi che verrà dopo. Ai Manetti interessa un mondo, il Diabolik-verse, più che il personaggio eponimo, e per questo passano indenni il cambio dell' attore che interpreta il Re del Terrore, personaggio che rimane iconicamente nell'ombra. Se nel primo film la vera protagonista era Eva, qui al centro di tutto c'è un Ginko immoto, oppresso, umano, maigretiano, eppure sempre più determinato, invano, nella sua missione. Il Diabolik dei Manetti rimane operazione intellettuale, molto poco tradizionalmente pop: la mano agli spettatori è tesa in termini di azione e dinamismo, ma aspettarsi fuochi d'artificio ai botteghini è forse illusorio. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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Perseverano, i Manetti. Più con coerenza che in maniera diabolika, va ammesso. Perché niente in questo loro secondo film sul Re del Terrore tradisce le premesse, lo stile, l’ideale e la filologia estrema del primo.
Quello messo in piedi dai Manetti, creato dai Manetti, è un mondo che, appunto, ha un’estrema coerenza interna, e che per questo è capace di una solidità invidiabile da molti dei tanti “universi cinematografici” che si stanno creando. Dimostrazione massima della solidità fuori dall’ordinario del Diabolik-verse dei Manetti è il fatto che si siano potuti permettere di cambiare l’attore che interpreta il personaggio centrale, quello sotto il cui nome e la cui egida tutto esiste, senza che questo abbia scalfito in alcun modo la struttura.

Vi sento, a voi maligni, dire “certo, per come avevano fatto recitare Marinelli, va bene anche questo Gianniotti”, uno che viene da Grey’s Anatomy. Il punto, però, non è la recitazione straniata e atona che i Manetti richiedono a tutti i loro attori.
Il punto, credo, è questo passaggio sia avvenuto indenne perché ai Manetti interessa più un mondo, che non un personaggio. Personaggio che peraltro, nel primo film e anche in questo Diabolik: Ginko all’attacco! è un’entità ai limiti dell’astratto, un’icona, un’ombra che incombe su tutti gli altri. Altri che sono i veri motori della storia.
In Diabolik c'era Eva, al centro di tutto. L’Eva glaciale, hitchcockiana di Miriam Leone, che qui mantiene certe sue caratteristiche, ammorbidendole giusto un po’, per lasciare però il centro della scena al Ginko di Valerio Mastandrea, che appare ancora più immoto, perché gravato dal peso della sua ossessione da un lato, e dall’altro invece dai i turbamenti del cuore, dall’amore per Altea, una Monica Bellucci digitalmente ritoccatissima nel volto e dal curioso accento vagamente est europeo che (dice lei) le è stato chiesto dai Manetti in persona.
Immoto Ginko, ma al tempo stesso ancora più umano, maigretiano. Soprattutto, ancora più determinato, e febbrile, nella sua ossessione per la cattura di Diabolik.
E quindi, come suggerisce il titolo, all’attacco, nel tentativo - ovviamente vano - di essere un passo avanti, avendo fatto la prima mossa.

Chiunque abbia però mai letto un albo di Diabolik, e non necessariamente proprio quello omonimo che è alla base di questo film, sa benissimo che l’astuzia criminale ha sempre la meglio di quella della polizia. E aver fatto la prima mossa, essere un passo avanti, è, per Ginko e chi lo attornia, sempre un’illusione.
Anche per questo non è difficile capire cosa stia davvero succedendo, in Diabolik: Ginko all’attacco!. Cosa stia succedendo davvero sotto alle maschere, alle trame, agli inganni, alle superfici che si sovrappongono. Ma, ancora una volta, vagheggiare, intuire, sapere quel che sta per accadere non è qualcosa che spezza l’illusione del Diabolik-verse, ma paradossalmente lo rafforza.
Rispetto a quanto avveniva nel primo film, visto lo scorso anno ma pronto da due, i Manetti hanno deciso di essere più indulgenti nei confronti dei loro spettatori, senza però tradire le regole di stile e fedeltà alle tavole del fumetto che si sono auto-imposti, e che tante difficoltà causano (comprensibilmente) in alcuni.
La mano tesa è quella di un maggiore dinamismo narrativo, che rende questo secondo film di Diabolik molto più vicino all’action e al thriller di quanto non avvenisse nel suo predecessore, come si capisce benissimo dal colpo d’apertura, o per quello successivo, che si lega a una sequenza di titoli di testa dichiaratamente bondiana, e che è poi il vero inizio di una vicenda nella quale colpiscono moltissimo le location, l’attenzione formale nella messa in scena, e quella ossessiva ai dettagli del décor anni Sessanta che rimane pervasivo in ogni inquadratura.

È vero che non tutto fila sempre liscissimo, ma c’è una composta ma evidente evoluzione nello stile e nelle atmosfere, dal primo film a questo, che spinge a chiedersi dove arriveranno i Manetti nel terzo film di Diabolik, già girato back-to-back con questo.
Ancora di più continua a essere vero che la cura, la radicalità e la dedizione dei Bros. nel mettere in scena il mondo di Diabolik e del fumetto sono meritevoli di grande rispetto cinematografico, ma anche che, proprio per la natura mai compromissoria di certe scelte, ci si chiede se sia lecito aspettarsi da questo film, come forse alcuni fanno, degli incassi da blockbuster.
Perché il Diabolik dei Manetti era e rimane più intellettuale, che pop in senso tradizionale.Tutto di testa, e poco di pancia. A dispetto del calore evidentissimo dell'ottima colonna sonora di Pivio e Aldo De Scalzi, che giocano con il prog in maniera seducente e trascinante.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival