Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Triangle of sadness (Triangle of sadness)

 
pic_movie_1584   NUM   1584  
  DATA E CINEMA   2022.11.01 DIAMANTE (CINEF 58-06)  
  RASSEGNA   CINEFORUM CHAPLIN  
 
     
  REGISTA   Ruben Östlund  
  ATTORI   Harris Dickinson, Charlbi Dean, Woody Harrelson, Zlatko Buric, Oliver Ford Davies, Iris Berben, Hanna Oldenburg, Arvin Kananian, Sunnyi Melles  
  PRODUTTORE   Plattform Produktion  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   Svezia, Gran Bretagna, USA, Francia  
  CATEGORIA   Drammatico, Commedia  
  ANNO   2022  
  DURATA   149 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/triangle-of-sadness/58935/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Triangle of Sadness, film diretto da Ruben Östlund, è ambientato nel mondo della moda e racconta la storia di due modelli e influencer, Carl (Harris Dickinson) e Yaya (Charlbi Dean), che stanno meditando di dare l'addio alle passerelle.
Nonostante la loro giovane età, il tempo inizia a mostrare i primi segni del suo passaggio e nello stressante mondo del fashion le rughe non sono viste di buon occhio. È così che Carl e Yaya si ritrovano di fronte a un bivio: abbandonare o resistere?

Dopo l'ultima Fashion Week, i due vengono invitati su un yatch per una crociera di lusso. Mentre l'equipaggio si occupa di ogni piccolo bisogno degli ospiti, il capitano (Woody Harrelson) si rifiuta di uscire dalla sua cabina, mentre la famosa cena di gala si avvicina. Di colpo gli avvenimenti prendono una svolta inattesa, i rapporti di forza s'invertono e si scatena una tempesta che rischia di mettere seriamente in pericolo il confort dei passeggeri...
 

COMMENTO   Ci sono sia Forza maggiore che The Square, i suoi lavori precedenti, dentro al nuovo film di Ruben Östlund, che con Triangle of Sadness torna a proporre il suo sguardo tagliente e satirico sulle questioni dell'oggi concentrandosi su varie questioni, macro e micro. Quella di Triangle of Sadness - che è un film lungo, pure troppo, e sicuramente molto compiaciuto, più ancora di The Square, ma che ha momenti molto alti, e altri esilaranti e irresistibili - è una satira di grana grossa sulle ingiustizie sociali dei nostri tempi, sul capitalismo e sul denaro e sulle classi sociali. L'operazione dello svedese è molto più sottile, e più riuscita, invece, quando parla di ruoli, di genere, di relazioni interpersonali, arrivando a dissolvere nell'acido della sua decostruzione le dinamiche di coppia e le piccole, grandi ipocrisie del quotidiano. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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Comincia con un casting di modelli, Triangle of Sadness, e per un momento pensi che questa volta voglia prendere di mira il mondo della moda, come in The Square il suo regusta aveva fatto con quello dell'arte. Poi, a un certo punto, mette i due (o due dei) protagonisti del suo film di fronte a una discussione che pare derivare da certe atmosfere di Forza maggiore.

Carl e Yaya, entrambi modelli (e già lei guadagna molto più di lui, in uno dei pochi campi dove le donne superano economicamente gli uomini) e lei anche influencer, sempre attaccata al telefono, sono a cena in un ristorante elegante. Arriva il conto, il cameriere lo posa sul tavolo, lei fa finta di niente. Lui fa come per allungare una mano, lei dice "Grazie tesoro". E da lì nasce una discussione: perché deve pagare sempre lui anche se guadagna di meno? Lei non aveva detto che quella sera avrebbe pagato lei? Non è questione di soldi, dice lui, ma di ruoli di genere.

Da questo secondo segmento, scritto benissimo, si capisce quindi di cosa parli davvero questo nuovo film di Ruben Östlund: di denaro e di ruoli, di questioni di genere e magari di piccoli gesti e segnali che vengono fraintesi o, al contrario, intesi benissimo. Ma soprattutto di denaro e di ruoli. E quindi di classi sociali. E quindi di capitalismo. E quindi del mondo in cui viviamo.

Ne parla, di tutto questo, Ruben Östlund, con lo stile satirico surreale, pungente e pure compiaciuto dal punto di vista della scrittura e dello stile che abbiamo imparato a conoscere fino a questo momento. Con un po' di compiacenza di troppo, stavolta, con una durata eccessiva, non grande originalità tematica ma, innegabilmente, anche con momenti trascinanti e francamente esilaranti.

Dopo aver litigato sul conto del ristorante Carl e Yaya finiranno (gratis, perché lei è influencer) a bordo di un lussuosissimo yacht popolato da ricconi un po' volgari, dove la parola d'ordine dell'equipaggio è assecondarli, questi ricconi, in ogni modo allo scopo di ottenere laute mance. E si sa che dire sempre sì può portare a risultati paradossali. Anche perché ricco, per Östlund vuol dire spesso svitato.

Ma soprattutto, sullo, yacht a un certo punto arriva l'attesissima "Cena col Capitano", organizzata nell'unico giorno di mare mosso. Molto mosso. Un evento di gala che finisce con una anarchica, helzapoppiana vomitata generale dei passeggeri, e l'espulsione di altri fluidi corporali, mentre il capitano, che è un beone, rimane tranquillo a bere al suo tavolo assieme a un riccone russo che "vende merda", ovvero fertilizzanti.

Un capitano beone e marxista, che beve e fraternizza con un russo beone pure lui ma capitalista (il primo interpretato da un sempre bravo e ironico Woody Harrelson, il secondo da un meraviglioso attore croato che si chiama Zlatko Buric, quello che interpretava un personaggio splendido, Milo, nella trilogia di Pusher di Nicholas Winding Refn) assieme a parlare, ubriachissimi, di sistemi economici e ingiustizie sociali. Mentre questo novello Titanic affonda.

Va a finire allora che questo riccone russo, assieme a Carl e Yaya, e pochissimi altri passeggeri e membri dell'equipaggio della nave, finiscano naufraghi su un'isola deserta, dove i ruoli finiranno con l'invertirsi sia da un punto di vista economico che di genere, la nascita di una sorta di socialismo balneare e lo svilupparsi di tutta una serie di dinamiche che non possono non ricordare quelle di Travolti da un insolito destino... di Lina Wertmüller.

D'altronde, in effetti, stavolta il regista svedese è stato meno innovativo, e ha scontato anche lui il prezzo che troppi oggi pagano al "grande tema". E di certo il suo film sarebbe stato altrettanto divertente ed efficace se fosse durato anche molto meno delle sue due ore e mezza.

E però, per quanto chiaramente autoindulgente, Östlund ha sempre il grande pregio di non prendersi mai davvero troppo sul serio, e la capacità, quando vuole, di essere tagliente e divertente allo stesso tempo, e a volte in modo irresistibile. Specie quando, più che alla facile satira di grana grossa sui massimi sistemi, si dedica a rappresentare e far dissolvere nell'acido della sua decostruzione le dinamiche di coppia e di genere e le piccole, grandi ipocrisie del quotidiano.
Ah. A un certo punto si intrasente una telecronaca di Bruno Pizzul.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival