Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Nope (Nope)

 
pic_movie_1557   NUM   1557  
  DATA E CINEMA   2022.08.17 FIUME  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Jordan Peele  
  ATTORI   Daniel Kaluuya, Keke Palmer, Brandon Perea, Michael Wincott, Steven Yeun, Wrenn Schmidt, Keith David, Devon Graye, Jennifer Lafleur, Terry Notary, Barbie Ferreira, Donna Mills, Ryan W. Garcia, Rhian Rees, Sophia Coto, Courtney Elizabeth, Andrew Patrick Ralston  
  PRODUTTORE   Monkeypaw Productions, Universal Pictures  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE   Michael Abels  
  PAESE   USA  
  CATEGORIA   Horror  
  ANNO   2022  
  DURATA   135 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/nope/61623/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Nope, è il film diretto da Jordan Peele, racconta la storia di Oj ed Em (Daniel Kaluuya e Keke Palmer) due fratelli che vivono in una gola della California, dove gestiscono insieme al padre, Otis Haywood Sr. (Keith David), un ranch di famiglia. Quando il genitore muore, venendo colpito da un nichelino caduto inspiegabilmente dal cielo, OJ ed Em ereditano la proprietà. Mentre il primo cerca di mantenere l'attività paterna per preservare l'eredità del genitore, la seconda spera di trovare fama e celebrità a Hollywood.
Ben presto, a causa di una serie di imprevisti, i fratelli Haywood si ritrovano pieni di problemi finanziari e, come se non bastasse, i cavalli sembrano svanire nel nulla, mentre quelli ancora presenti sono nervosi e hanno reazioni violente. Oj si vede costretto a vendere alcuni cavalli a Jupe Park (Steven Yeun), che di recente ha aperto un parco nella gola.
Convinta che ci sia qualcosa di extraterrestre che abbia a che fare con i cavalli, Em convince OJ a installare delle telecamere nel ranch nella speranza di capire cosa sta accadendo e di registrare un video che possa farli arricchire. Solo dopo si rendono conto che c'è una nuvola in cielo, che sembra non spostarsi mai... cosa nasconde?
 

COMMENTO   Nope, che in estrema sintesi è la storia di un gruppo di persone che cercano di riprendere un UFO per vendere il footage e diventare così ricchi, parla in realtà dell'atto del guardare.
Come l’oggetto volante che racconta, Nope è un film complesso e mutevole, dotato di un’organicità vorace, capace di comprendere e assorbire e catturare moltitudini di sguardi, e di rivelarsi in forme sorprendenti.
Peele, che pure alla teoria non è mai stato di certo alieno (no pun intended), non è forse mai stato così teorico come in questo film, che ne conferma la grandissima abilità di narratore, e la capacità di generare e mantenere a lungo tensione e inquietudine, e di mettere sullo schermo immagini di grande potenza. Soprattutto, un film che ragiona con brutalità su questioni centrali per il cinema e per la società dei nostri giorni. Spingendo a riflettere su cosa e come guardare e sui rischi che corriamo nell’uso sconsiderato dei nostri sguardi. Che sono poi, alla fine dei conti, quelli che costruiscono il nostro mondo e la nostra realtà. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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Mentre vedevo Nope, e anche dopo, mi sono trovato a pensare molto spesso a Cigarette Burns, che è lo straordinario episodio diretto da John Carpenter all’inizio degli anni Duemila per la serie tv Masters of Horror, quello in cui si parla di un film “maledetto” che fa impazzire chi lo vede e che si intitola La Fin Absolue du Monde (non casualmente anche il titolo del blog che in passato tenni su questo sito), e in cui a un certo punto Udo Kier mette le sue budella al posto della pellicola in un proiettore.
E non ci pensavo perché, di recente, Jordan Peele ha redarguito i suoi giovani fan senza cultura né memoria, che lo acclamavano come miglior regista horror della storia, rispondendo loro “E allora Carpenter?”.
Io non so se anche Peele abbia pensato a Cigarette Burns, mentre scriveva Nope, ma di certo, per quanto in apparenza lontanissimi come storia e atmosfere, i due film hanno molto in comune. E di certo qualcosa nel direttore della fotografia interpretato da Michael Wincott, quello che si chiama Antlers Holst, ossessionato dall’idea di riprendere l’irriprendibile, e vestito un po’ come Christopher Doyle, riporta direttamente a quella cosa di Carpenter.

Nope, che in estrema sintesi è la storia di un gruppo di persone che cercano di riprendere un UFO per vendere il footage a qualche show tipo quello di Oprah e diventare così ricchi, con Cigarette Burns ha in comune una cosa fondamentale: l’atto del guardare. Guardare qualcosa che ci affascina tanto più sappiamo essere pericoloso, potenzialmente e praticamente mortale, e dal quale facciamo fatica a divertire lo sguardo.
Cos’è quella cosa, in Nope? Un ufo, certo. Ma cosa rappresenta? Cigarette Burns parlava dell’ossessione per il cinema, Peele dà l’impressione di voler allargare il ragionamento: non solo cinema, ma l’intero show business. E di più: a quella pulsione scopica che, complici anche internet e i social, ma connaturata da sempre all'essere umano, diventa sempre più morbosa, attratta da ogni forma di tragedia, di calamità, di disgrazia.
In Nope il personaggio principale, l’OJ di Daniel Kaluuya, capisce presto che non guardare (non guardare direttamente, senza la mediazione di uno schermo: dato fondamentale) è la chiave per sopravvivere.
Al suo opposto c’è il personaggio di Steven Yeun, quello di un ex attore bambino con una storia tragica alle spalle, raccontata da Nope in un prologo enigmatico e inquietante, che ha rischiato la sua vita per lo show business, che della sua storia (e dalla perversione morbosa della gente) ha fatto museo e fonte di reddito, e che nel nome del denaro, ma ancor più dello spettacolo, metterà di nuovo la sua vita a repentaglio con il peggiore degli esiti.
Perché quella cosa lì - quell’ufo, quello spettacolo, quel mondo di esibizione senza scrupoli e di sguardi morbosi e ossessionati - è una bestia, brutta, che non si può addestrare o addomesticare.

OJ, invece, addestra i cavalli. Lui e la sua famiglia sono i discendenti del fantino afroamericano ripreso al galoppo Eadweard Muybridge nel 1878 nella serie di fotografie note come «Il cavallo in movimento», considerato il primo esempio di cinematografia mai realizzato nella storia.
Quindi OJ è legato al cinema, da sempre. E siccome di sono di mezzo i cavalli, in particolare è legato al western, che come ricordato anche di recente da Alberto Barbera, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Festival di Venezia 2022, è il genere più quintessenzialmente cinematografico.
E quindi Peele, che giustamente le questioni razziali non le mette mai da parte, anche se qui sono secondarie rispetto al resto, sovverte anche l’immaginario comune, legando una famiglia afroamericana non solo al cinema ma alle sue stesse origini, e al genere più cinematografico di tutti, quello dove oltretutto i neri, storicamente, non sono mai stati granché presenti.

Come l’oggetto volante che racconta, Nope è un film complesso e mutevole, dotato di un’organicità vorace, capace di comprendere e assorbire e catturare moltitudini di sguardi, e di rivelarsi in forme sorprendenti.
Peele, che pure alla teoria non è mai stato di certo alieno (no pun intended), non è forse mai stato così teorico come in questo suo nuovo film. Un film che, da un punto di vista puramente superficiale e spettacolare, ne conferma la grandissima abilità di narratore, e la capacità di generare e mantenere a lungo tensione e inquietudine, e di mettere sullo schermo immagini di grande potenza nella loro solo apparente essenzialità.
Ma, soprattutto, un film che ragiona senza troppe ciance o giri di parole, ma anzi con una certa qual, pure elegante, brutalità, su questioni centrali per il cinema e per la società dei nostri giorni. Spingendo a rfilettere su cosa e come guardare, sulle ansie del consumo, e sui rischi che corriamo nell’uso sconsiderato dei nostri sguardi, che sono poi, alla fine dei conti, quelli che costruiscono il nostro mondo e la nostra realtà.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival