Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Nostalgia (Nostalgia)

 
pic_movie_1554   NUM   1554  
  DATA E CINEMA   2022.07.20 ARENA BAZZANI  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Mario Martone  
  ATTORI   Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno, Aurora Quattrocchi, Sofia Essaidi, Nello Mascia, Emanuele Palumbo, Artem, Salvatore Striano, Virginia Apicella  
  PRODUTTORE   Picomedia - Mad Entertainment in associazione con Medusa Film e in coproduzione con Rosebud Entertainment Pictures  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   Italia, Francia  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2022  
  DURATA   118 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/nostalgia/61353/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Nostalgia, film diretto da Mario Martone, è tratto dall'omonimo romanzo di Ermanno Rea ed è ambientato a Napoli nel Rione Sanità. È qui che il protagonista Felice (Pierfrancesco Favino) torna dopo quarant'anni di assenza, lontano dalla sua terra. L'uomo, tornato per sua madre, resterà qui dove è nato più a lungo di quanto aveva previsto, mentre riscopre i luoghi, i codici del quartiere e fa i conti con un passato che lo divora. Da giovane Felice insieme a Oreste (Tommaso Ragno), suo amico d'infanzia, nonché compagno di bravate, ha commesso qualche piccolo crimine, fino a quando un uomo non è morto. È per questo motivo che Felice si è allontanato dalla città, andando a vivere all'estero, ma non tradendo mai l'amicizia con Oreste.
Ora che è tornato nel rione Felice vorrebbe rivedere il suo vecchio amico, ma Oreste, noto ormai come il delinquente del quartiere, non si è mai allontano da quel mondo, che sembra averlo assorbito totalmente...
 

COMMENTO   Non era facile, nemmeno per Martone, gestire nella maniera adatta i toni di questo film, il rapporto del suo protagonista con quel sentimento sfuggevole e mobile che è raccontato dal titolo e dalla storia, senza diventare didascalico, senza essere melenso. Senza, al contrario, stare troppo distante dalle vicende e dalle passioni. Nostalgia è un film potente e amniotico, fatto di passioni antiche e viscerali, della voglia e della necessità di smarrirsi per creare una nuova mappa di sé, per pacificarsi col passato e andare incontro al proprio destino. Intense e commoventi le scene in cui Felice si confronta con la madre anziana, e con l'amico d'infanzia diventato pericoloso e paranoide boss camorrista. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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“Cara celeste nostalgia”, cantava Riccardo Cocciante.
La sua era una canzone d’amore per una donna. Il film di Mario Martone, che si chiama appunto Nostalgia, sempre di amore parla, in qualche modo: non per una donna ma per una città, per la propria storia, e per gli anni della propria giovinezza.
La giovinezza, un po’ scapestrata che il protagonista della storia Felice (Pierfrancesco Favino) ha vissuto nel Rione Sanità, facendo impazzire la mamma mentre combinava guai piccoli e grandi con l’amico Oreste. Fino al giorno in cui i guai son stati troppo grandi, e Felice, spaventato, ha lasciato la Sanità, Napoli e l’Italia, sua mamma e Oreste, per ricominciare una nuova vita altrove.
Dopo quarant’anni di vita all'estero, gli ultimi passati al Cairo, dove è diventato un ricco imprenditore, Felice torna a Napoli, alla Sanità, per riabbracciare finalmente la madre anziana. E quello che trova, e che non trova, in questo suo tornare da straniero, è appunto la nostalgia per quel che è stato e quel che poteva essere, e la voglia di riallacciare i rapporti con quei posti, e quei personaggi, e fare pace col proprio passato. Ma non sarà facile.

E non era facile, nemmeno per Martone, gestire nella maniera adatta i toni di questo film, il rapporto del suo protagonista con quel sentimento sfuggevole e mobile che è raccontato dal titolo e dalla storia, senza diventare didascalico, senza essere melenso. Senza, al contrario, stare troppo distante dalle vicende e dalle passioni.
Trovare il fuoco giusto con cui raccontare la Napoli che del film è protagonista tanto quanto lo è Felice, e che all’inizio del film sconcerta, confonde e spaventa lui, e pure noi che guardiamo, e che lentamente si rivela ai nostri sguardi, e rivelandosi mostra tutta la sua complessità, e quella bellezza struggente e sentimentale che farà decidere a Felice di rimanerci, a Napoli.
Nonostante Oreste sia diventato un feroce boss camorrista, e gli abbia fatto arrivare un messaggio ben chiaro: lui, lì, è persona non grata, e non solo perché, pur musulmano, si è avvicinato tanto a un prete in lotta contro la malavita.

Per spiegare la capacità di Nostalgia di conquistare il cuore e lo sguardo dei suoi spettatori, oltre a sottolineare la potenza commovente delle scene in cui Felice si confronta con la madre anziana, e si prende cura di lei, e la lava e la pettina e la veste, o quella più esplosiva ma ugualmente carica di sentimento in cui Felice arriva finalmente faccia a faccia con Oreste - figura misteriosa e borderline, sorta di colonnello Kurtz napoletano, incarnato da un minaccioso Tommaso Ragno - si possono fare due facili esempi.
Il primo riguarda la lingua di Felice. Che all’inizio, esule da decenni e abituato a parlare arabo o francese, parla con un italiano strano e stentato, che solo per un istante, per un riflesso condizionato, mettiamo in relazione con il gramelot usato da Favino nei panni di D’Artagnan nei film di Veronesi, e che accettiamo rapidamente, come accettiamo sempre di buon grado, e con curiosità e interesse, le sue modificazioni, le sue evoluzioni, il progressivo ritorno al dialetto della gioventù.
La seconda è quello che potremmo chiamare "l’effetto Carlito’s Way", citando il capolavoro di Brian De Palma. Perché non serve aver letto il romanzo di Ermanno Rea che Martone ha adattato per capire in anticipo quale sarà la conclusione della storia di Felice, ma il saperlo, o l'ipotizzarlo, non sposta di un millimetro la partecipazione emotiva che si ha fissando lo schermo.

La storia di Nostalgia è trascinante, trascinante in una maniera amniotica e inesorabile, quanto più impone lo smarrimento, nel modo in cui segue l’evoluzione di Felice, che nella confusione fisica ed emotiva che lo circonda, e nel suo ritorno al grande utero catacombale napoletano, impara a ricostruire una mappa di sé e del mondo, e si riappropria non solo di una lingua, ma di un legame con la Sanità (e quindi con parti di sé che aveva smarrito e negato nel corso di una vita) che non si era mai davvero dissolto, ma era stato solo sepolto dalla polvere del tempo.
E non serve stare a speculare sugli esiti, e sulle destinazioni esistenziali, ma ci si gode l’immersione in un mondo e in una storia, e nelle loro emozioni ancestrali e profonde.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival