Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Elvis (Elvis)

 
pic_movie_1550   NUM   1550  
  DATA E CINEMA   2022.06.29 FIUME  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Baz Luhrmann  
  ATTORI   Austin Butler, Tom Hanks, Helen Thomson, Richard Roxburgh, Olivia DeJonge, Luke Bracey, David Wenham, Kelvin Harrison Jr., Xavier Samuel, Kodi Smit-McPhee, Dacre Montgomery, Leon Ford, Kate Mulvany, Jay Chaydon, Charles Grounds, Josh McConville  
  PRODUTTORE   Bazmark Films, Roadshow Entertainment, The Jackal Group, Warner Bros., Whalerock Industries  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   USA, Australia  
  CATEGORIA   Biografico, Musicale  
  ANNO   2022  
  DURATA   159 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/elvis/61600/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Elvis, film diretto da Baz Luhrmann, racconta la vita del Re del Rock and Roll, Elvis Presley (Austin Butler), mostrando la sua ascesa e il suo successo, che gli hanno permesso di diventare una delle icone del panorama culturale americano, spazzando via anche parte dell'innocenza del tempo. Di particolare rilevanza sarà il rapporto con il suo manager, il colonnello Tom Parker (Tom Hanks), con il quale Elvis intreccerà un sodalizio artistico della durata di circa vent'anni. Il film si concentra proprio su questo rapporto complesso, a partire dall'ascesa della prima rockstar della storia fino al raggiungimento della fama mondiale, fino a quel momento mai toccata da nessun'altra star con così tanta veemenza. Il tutto mentre l'America vive uno sconvolgimento socio-culturale, che la porterà a grandi cambiamenti.
Nel cast troviamo anche Olivia DeJonge che interpreta Priscilla Presley, la moglie di Elvis con cui il divo è convolato a nozze nel 1967 e, nonostante le tante relazione attribuitigli, l'unica donna che il Re abbia sposato.
 

COMMENTO   A vent'anni da Moulin Rouge! Baz Luhrmann si rituffa nella frenesia di un cinema musicale, affrontando l'ardua impresa di un biopic su un personaggio così iconico come Elvis Presley. Tentativo lodevole quello di scegliere un volto nuovo, Austin Butler, che ce la mette tutta per trasmettere l'anima del cantante senza scimmiottarlo. Narrazione fin troppo tradizionale, antagonista il suo impresario, in un film dall'alterna riuscita nel ritmo, che intrattiene ma non stupisce, coinvolge ma non travolge. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it)
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Un personaggio difficile da affrontare, tanto è iconica la sua immagine ed esposta mediatamente ogni tappa della sua vita personale e artistica. Elvis Presley è stato molte cose insieme, diventando una delle rare figure immortali della cultura pop americana e mondiale del secondo Novecento. È stato il ritratto della fisicità e della bellezza, ha raggiunto vette di successo ineguagliate e precipitato nella dipendenza e la depressione. È morto troppo giovane, a 42 anni, come la più grande delle star. Uomo di spettacolo totale, dallo show dal vivo alla musica, dal cinema alla televisione.

Il titolo del biopic che Baz Luhrmann gli ha regalato, nel ritorno al cinema musicalea a vent’anni da Moulin Rouge, è Elvis. Ma sarebbe stato più aderente alla realtà optare per un Elvis Vs Parker, come il colonnello interpretato da Tom Hanks, storico scopritore dell’artista e suo impresario discusso e discutibile. In Moulin Rouge il regista australiano ha dato il suo meglio, potendosi muovere in libertà lungo un immaginario proiettato in maniera fantasmatica, alternando la sublimazione amorosa con una partitura musicale rivoluzionaria. Qui sembra imbrigliato dalla struttura per forza di cose rigida del biopic. Ancora di più scegliendo di non risparmiarsi praticamente nessuna tappa della vita professionale di Elvis, diluendo ma anche annacquando la portata universale del racconto, non riuscendo ad entrare in profondità, specie dovendo dividere la scena con il colonnello Parker.

Il cuore del film, infatti, risulta per buona parte della sua durata soprattutto il rapporto fra i due, raccontato in oltre vent’anni. Viene declinato a tratti come il perverso sfruttamento legato a un patto faustiano - ti ho scoperto e creato e ora devi accettare la mia patria potestà, anche se prevede l’annullamento totale del tuo libero arbitrio - e ogni tanto come la figura paterna indispensabile alla sua seconda vita, quella artistica. Elvis non si risparmia la tradizionale salita alle stelle e discesa agli inferi dell’artista, con una certa predilezione per i momenti di caduta, allargando lo sguardo anche alla moglie Priscilla e alla figlia Lisa Marie.

La dinamica più interessante è quella che si instaura quando a emergere, fra i tanti Elvis Presley, reali o proiettati dalla sua iconicità, è quello di Las Vegas. Un Paese di Bengodi in cui rifugiarsi in almeno due fasi della sua vita, durante le crisi di un artista fragile e voglioso di ribellarsi all’immagine anestetizzata veicolata dal suo “carceriere” Parker. La città del peccato è una prigione di lusso in cui produrre denaro in quantità riproponendo ogni sera per mesi e anni lo stesso spettacolo, in un tour immobile e come tale negazione dell’artista on the road. Una bolla in cui varie volte altri musicisti si sono poi rifugiati, in una fase di successo calante o della maturità. Basti pensare a Celine Dion, come raccontato in un altro biopic, Aline di Valérie Lemercier, più libero e anarchico.

Una ricetta da dosare con attenzione, quella del “marchio” Elvis. Una parte di blues, una di country e una bella spruzzata in divenire di gospel. Luhrmann usa gli ingredienti con generosità, ma risulta trattenuto e forse in soggezione nei confronti di un mostro sacro di tale portata, perdendo l’occasione di inserirlo, se non con citazioni sospese in aria, nella realtà sociale americana di quegli anni. Caro Baz, avremmo sperato in qualche movimento di bacino più deciso, in un Elvis the Pelvis senza freni inibitori, ma ce lo gustiamo anche in versione natalizia. “Elvis will never leave the building”.

di Mauro Donzelli
critico e giornalista cinematografico
intervistatore seriale non pentito