Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 West Side Story (West Side Story)

 
pic_movie_1498   NUM   1498  
  DATA E CINEMA   2021.12.26 DIAMANTE  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Steven Spielberg  
  ATTORI   Ansel Elgort, Rachel Zegler, Maddie Ziegler, Rita Moreno, Corey Stoll, Brian d'Arcy James, Ana Isabelle, Reginald L. Barnes, Mike Faist, David Alvarez, Jamila Velazquez, Sean Jones, Patrick Higgins, Ben Cook, Ricardo Zayas  
  PRODUTTORE   Twentieth Century Fox, Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), Amblin Entertainment  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE   Leonard Bernstein  
  PAESE   USA  
  CATEGORIA   Musicale, Drammatico, Sentimentale  
  ANNO   2021  
  DURATA   156 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/west-side-story/56630/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   West Side Story, il film di Steven Spielberg, è la nuova versione del classico musical del 1957 con le musiche di Leonard Bernstein, libretto di Arthur Laurents e parole di Stephen Sondheim, che nel 1961 dette origine al film di Robert Wise e Jerome Robbins vincitore di 10 premi Oscar. La storia, immortale, è quella di Romeo e Giulietta di Shakespeare, ambientata in una moderna metropoli divisa da razzismo e pregiudizi.
Due gang, i giovani immigrati portoricani Sharks, capeggiati da Bernardo, e gli americani bianchi Jets, con a capo Riff (Mike Faist), lottano per il controllo del territorio del West Side newyorkese e si scontrano ripetutamente per le strade. Durante un ballo a cui partecipano entrambe le fazioni, Maria (Rachel Zegler), sorella di Bernardo, e Tony (Ansel Elgort), un bravo ragazzo ex membro dei Jets, si innamorano a prima vista.
La loro storia, appena iniziata verrà infranta dal clima d'odio che divora le due comunità, fino ad un tragico finale di sangue, morte e dolore, che darà ai superstiti la consapevolezza dell'assurdità delle loro divisioni.
 

COMMENTO   Steven Spielberg e il suo primo musical, che primo in realtà non è, dato che l'americano è uno che con il movimento delle immagini e dei personaggi ha sempre creato una musica, una danza. Spielberg respira cinema come noi respiriamo aria, lo padroneggia alla perfezione; è capace di farti andare giù di tutto, pure un genere che non ti piace; se poi ti piace pure il genere, sei fregato. Il paradosso, se di paradosso possiamo parlare, è che in fin dei conti per lui è tutto fin troppo facile, e l'impressione è che qui e lì abbia quasi perso un po' di concentrazione, e si sia lasciato prendere la mano. Perché tanto sapeva benissimo che gli bastava pochissimo per riprenderti per il bavero, lasciarti col la bocca un po' aperta e gli occhi umidi. Lo sai anche tu, e questa cosa ti secca un po', e il film a tratti ti stucca il palato magari, però stai lì lo stesso. Partecipi. Guardi. Non hai scelta. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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C'è stato un momento, tanti anni fa, in cui Steven Spielberg si trovò a valutare se accettare o meno l'offerta di dirigere un film di Harry Potter. Sul perché alla fine, dopo qualche mese di lavoro, Spielberg rifiutò il progetto ci sono molte ipotesi e teorie: ma le dichiarazioni ufficiali del regista parlano, parafrasando, di un film il cui successo era già tanto scontato in partenza da non rappresentare per lui alcuna sfida.

Chiunque conosca il cinema dell'americano, sa quali vertiginosi successi artistici e di pubblico un film di Potter realizzato da lui avrebbe potuto ottenere.

Al contrario, realizzare e vendere oggi un musical, e un musical lontanissimo dai postmodernismi di Baz Luhrmann, anzi ultraclassico come West Side Story, era qualcosa di meno scontato. Anche perché i musical mica son roba per tutti. Anche perché il romanticismo sfrenato di quella storia lì, ispirata al Romeo e Giulietta di Shakespeare, infarcito di canti e balli, mica va giù a tutti.
Allora ecco che West Side Story è, ce ne fosse stato il bisogno, il film che conferma come Steven Spielberg potrebbe vendere ghiaccio agli eschimesi, se quel ghiaccio fosse cinema.

Il cinema. Quella cosa di cui si parla tanto, e che oggi è sempre più rara, e che è fatto di immagini in movimento, sì, ma anche di sguardo, idee, montaggio, costruzione, capacità di diventare qualcosa di più, di travalicare i confini dell'immagine e farsi fantasmagoria. Quella cosa che Spielberg padroneggia alla perfezione.

Come spesso accade, bastano un paio di inquadrature, qualche stacco di montaggio, una manciata di movimenti di macchina per capire che quella cosa lì che si dipana davanti ai nostro occhi e sullo schermo ha qualcosa di speciale, di magico, di fantasmagorico. Che è il cinema quello vero. Quella cosa di cui Spielberg è maestro.

E allora, ecco che uno come lui è capace di farti andare giù di tutto, pure un genere che non ti piace. Se poi ti piace pure il genere, amico, sei fregato.

È la prima volta che Spielberg gira un musical, ma alla fine dei conti non è proprio così.
Certo, ci sono le canzoni e le musiche e le coreografie, e mica sono canzoni e musiche e coreografie qualunque, ma quelle firmate da Stephen Sondheim, Leonard Bernstein, Jerome Robbins, che il regista e i suoi collaboratori (Justin Peck per le coreografie, David Newman per le musiche) ripropongono con enorme rispetto, pochi cambiamenti, un adattamento fedele e personale al tempo stesso: inutile qui stare a fare la filologia, perché in fin dei conti non è questo quello che conta, come non conta la “politica” di questa storia, e di come è stata aggiustata ai tempi woke che viviamo.

Ci sono le canzoni e le musiche e le coreografie, dicevamo, ma in fin dei conti il modo di muovere la macchina da presa attorno e dentro i balletti, vicino ai personaggi, per le strade e per i vicoli di una New York fatta perlopiù di macerie, barriere e ostacoli, è in fin dei conti quello che conosciamo e ci aspettiamo da uno come Spielberg. Da uno che con il movimento delle immagini e dei personaggi ha sempre creato una musica, una danza. Musical. Cinema.

Il paradosso, se di paradosso possiamo parlare, è che in fin dei conti per lui è tutto fin troppo facile. Facile quasi come con Harry Potter.
Tanto facile da dare quasi l'impressione che Spielberg, qui e lì, abbia quasi perso la concentrazione, e si sia lasciato prendere la mano, calcando un pelo troppo sul romanticismo, o distraendosi un po' nelle scene recitate, sforzandosi poco di dire qualcosa di nuovo. Perché tanto lo sapeva benissimo che gli bastava pochissimo per riprenderti per il bavero, lasciarti col la bocca un po' aperta e gli occhi umidi di fronte ai numeri di ballo. Perché lui lo sa che potrebbe vendere ghiaccio agli eschimesi. Lo sai anche tu, e questa cosa ti secca un po', e il film a tratti ti stucca il palato magari, però stai lì lo stesso, e compri. Partecipi. Guardi. Non hai scelta.

Maledetto Steven, sfacciato a tal punto da chiudere con quel "For Dad" che è sentitissimo, certamente, ma anche garanzia di commozione: hai vinto anche stavolta. Hai fatto di meglio, poco ma sicuro, ma hai vinto anche stavolta.

Io però ti aspetto al varco: hai fatto di tutto finora, fammi anche un horror. Uno vero.

Firmato, il tuo eschimese.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival