Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 The French dispatch (The French dispatch)

 
pic_movie_1489   NUM   1489  
  DATA E CINEMA   2021.11.13 FIUME  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Wes Anderson  
  ATTORI   Timothée Chalamet, Saoirse Ronan, Elisabeth Moss, Léa Seydoux, Bill Murray, Willem Dafoe, Christoph Waltz, Tilda Swinton, Benicio Del Toro, Frances McDormand, Rupert Friend, Owen Wilson, Adrien Brody, Alex Lawther, Anjelica Huston, Fisher Stevens, Jeffrey Wright, Jason Schwartzman, Henry Winkler, Lois Smith, Griffin Dunne, Mathieu Amalric, Denis Ménochet  
  PRODUTTORE   American Empirical Pictures, Indian Paintbrush, Studio Babelsberg  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE   Alexandre Desplat  
  PAESE   USA  
  CATEGORIA   Commedia  
  ANNO   2021  
  DURATA   108 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/the-french-dispatch/55879/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   The French Dispatch, diretto da Wes Anderson, è il decimo film del cineasta ed è stato definito una "lettera d'amore al giornalismo e ai giornalisti". Racconta, infatti, vicende e personaggi legati alla redazione parigina del quotidiano French Dispatch, edizione europea dell'americano Evening Sun di Liberty, Kansas. La storia segue tre distinte linee narrative che danno vita a una raccolta di racconti, pubblicata dal magazine, nel corso di alcuni decenni del XX secolo.
Siamo a Ennui-sur-Blasé, cittadina francese dove ha sede la redazione, che tratta argomenti di vario tipo, da articoli di politica mondiale, fino a quelli di cronaca, toccando temi di cultura generale, come arte, moda, cucina e storie di vita. Quando il direttore del giornale muore, i redattori decidono di pubblicare un numero commemorativo, che raccolga tutti gli articoli di successo che il French Dispatch ha pubblicato negli ultimi anni. Tra questi il film approfondisce tre episodi in particolare: il rapimento di uno chef, un artista condannato al carcere a vita per un duplice omicidio e un reportage sui moti studenteschi del '68.
Appartengono alla redazione del French Dispatch Bill Murray nei panni del direttore Arthur Howitzer Jr., i redattori interpretati da Elisabeth Moss, Tilda Swinton, Fisher Stevens, Griffin Dunne e il ritrattista Herbsaint Sazerac, che ha il volto di Owen Wilson. Nel cast del film anche Adrien Brody nel ruolo di un mercante d'arte di nome Julian Cadazio, Jeffrey Wright come Roebuck Wright, un giornalista gastronomico del Sud degli Stati Uniti, e Benicio del Toro insieme a Léa Seydoux, rispettivamente l'artista Moses Rosenthaler in carcere con ergastolo e la sua guardia carceraria Simone, nonché musa ispiratrice.
 

COMMENTO   Omaggiando al tempo stesso il giornalismo statunitense del New Yorker e la storia del cinema francese (da Truffaut a Melville, passando per Renoir e Tati), in The French Dispatch Wes Anderson spinge il suo inconfondibile stile al parossismo, estremizzando perfino il gioco sulle dimensioni fisiche e temporali già praticato nel precedente L'Isola dei Cani. Ci sono momenti memorabili e invenzioni notevolissime, ma l'insieme e la sovrabbondanza rischiano di essere stucchevoli, di soffocare le emozioni: di fornire argomenti sostanziali ai tanti che hanno sempre accusato il suo autore di un formalismo vanesio e un poco sterile. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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The French Dispatch, la recensione: Wes Anderson porta il suo stile al parossismo. E rischia la stucchevolezza.

Ispirato e dedicato a pezzi e firme storiche del New Yorker (ma ambientato in una Francia immaginaria e con citazioni di Tati, Renoir e molti altri), The French Dispatch è il film in cui per la prima volta Anderson sembra davvero privilegiare la ricerca formale alla sostanza narrativa.
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Una cosa è certa: se non per altro, The French Dispatch passerà alla storia per essere stato il primo film inserito per due volte di fila nella Selezione Ufficiale del Festival di Cannes. Quella del 2020, nell'anno della cancellazione e del "bollino di qualità" voluto da Thiérry Fremaux, e quella dell'edizione 2021, dove è stato presentato in concorso.
Ma anche, forse, per essere il film in cui Wes Anderson ha definitivamente scavallato, dimostrando senza possibilità di smentita che la sua attenzione e il suo interesse, in questo momento, sono puntati quasi esclusivamente sulla messa in scena, con il racconto a fare unicamente da supporto alla voglia del regista di esplorare ed espandere le possibilità della sua inconfondibile cifra estetica.
In altre parole, The French Dispatch porta lo stile di Anderson al parossismo, estremizzando perfino il gioco sulle dimensioni fisiche e temporali già praticato nel precedente L'Isola dei Cani.

Le premesse sono note: The French Dispatch è una versione immaginaria del New Yorker pubblicata nell'altrettanto immaginaria cittadina francese di Ennui-sur-Blasé. Bill Murray ne é il direttore, Owen Wilson, Tilda Swinton, Frances McDormand e Jeffrey Wright alcuni dei suoi giornalisti: autori degli articoli che Anderson illustra per immagini (con la loro voce narrante) in altrettanti capitoli del film, che vedono protagonisti attori come Benicio del Toro, Léa Seydoux, Adrien Brody, Mathieu Amalric, Edward Norton e altri ancora.

Nei titoli di coda appaiono dediche a firme e nomi storici del New Yorker, e Anderson non ha mai fatto mistero di voler rendere loro omaggio con questo film, che in termini narrativi mescola in maniera curiosamente minimale echi dei Tenenbaum, di Moonrise Kingdom, di Grand Budapest Hotel, raccontando storie e personaggi classicamente andersoniani nei suoi capitoli.
I migliori, quello che vede del Toro nei panni di un pittore geniale ma rinchiuso in carcere psichiatrico, che ha nella secondina Seydoux la sua musa, e in seconda battuta quello in cui Wright è una sorta di James Baldwin impegnato in un reportage su un cuoco-poliziotto che diverrà una vicenda da polar.

E però, per quanto si senta, anche nella sceneggiatura, la voglia di fare di The French Dispatch un tributo a un certo tipo di scrittura, che ha chiaramente plasmato l'immaginario e stabilito i riferimenti del il suo autore, è impossibile non percepire tutto questo come accessorio rispetto alla ricerca di soluzioni estetiche e formali sempre nuove e più azzardate.

The French Dispatch è la dimostrazione definitiva che Wes Anderson non è più solo quello delle inquadrature simmetriche cantate dai Cani di Niccolò Contessa (e poi partono i Kinks). Non solo. Sempre di più, come già aveva mostrato nei suoi ultimi film, Anderson tende a sfruttare la profondità di campo nello stesso modo in cui utilizza gli assi orizzontali e verticali della sua inquadratura, portando così potenzialmente all'infinito le ricombinazioni delle scenografie e i movimenti dei personaggi, e facendo diventare la sua estetica non solo espositiva, ma quasi immersiva.

E, per movimentare le cose ancora di più, ai movimenti lungo i tre assi si aggiungono i continui passaggi dal colore al bianco e nero, e perfino un inserto in animazione tradizionale.

Nelle scene iniziali, e nella parte narrata da Owen Wilson, è palese che il riferimento di Anderson dal punto di vista formale è quello del cinema di Jacques Tati, via via più sfumato col procedere del film ma sempre presente sottotraccia, mescolato man mano a influenze nouvellevaguiane in alcuni casi (l'episodio con Frances McDormand e Timothée Chalamet) e a quelle del cinema di Jean Renoir in altri (quello con del Toro e Seydoux). E perfino con una spolverata di Jean-Pierre Melville (l'episodio culinar-giallo).

Peccato che questo evidente richiamo alla storia del cinema francese non sia qui supportato (e giustificato) da Anderson dalla forza dei contenuti, dell'umorismo e delle emozioni: per quanto gradevole, inventivo e affascinante, The French Dispatch rischia di essere un film capace di fornire argomenti sostanziali ai tanti che hanno sempre accusato il suo autore di un formalismo vanesio e un poco sterile.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival