Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 Tre piani (Tre piani)

 
pic_movie_1472   NUM   1472  
  DATA E CINEMA   2021.09.24 KAPPADUE  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Nanni Moretti  
  ATTORI   Margherita Buy, Nanni Moretti, Alessandro Sperduti, Riccardo Scamarcio, Elena Lietti, Chiara Abalsamo, Giulia Coppari, Gea Dall’orto, Alba Rohrwacher, Adriano Giannini, Alice Adamu, Letizia Arnò, Denise Tantucci, Anna Bonaiuto, Paolo Graziosi, Stefano Dionisi, Tommaso Ragno  
  PRODUTTORE   Sacher Film e Fandango, con Rai Cinema e Le Pacte  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE   Franco Piersanti  
  PAESE   Italia, Francia  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2021  
  DURATA   119 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/tre-piani/56123/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   Tre piani, film diretto da Nanni Moretti, è tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo. Protagoniste sono tre famiglie, che abitano in un edificio borghese, dove la quiete regna sovrana e le piante adornano elegantemente l'ingresso della palazzina.
Al contrario, dietro quelle porte blindate la vita dei condomini non è di certo tranquilla, anzi ogni appartamento nasconde problemi di coppia e famiglie irrequiete e, nonostante abitino piani diversi del palazzo, le loro vite finiranno inevitabilmente per scontrarsi.
Al primo piano di una palazzina vivono Lucio (Riccardo Scamarcio), Sara (Elena Lietti) e la loro bambina di sette anni, Francesca. Nell'appartamento accanto ci sono Giovanna (Anna Bonaiuto) e Renato (Paolo Graziosi), che spesso fanno da babysitter alla bambina. Una sera, Renato, a cui è stata affidata Francesca, scompare con la bambina per molte ore. Quando finalmente i due vengono ritrovati, Lucio teme che a sua figlia sia accaduto qualcosa di terribile. La sua paura si trasforma in una vera e propria ossessione.
Al secondo piano vive Monica (Alba Rohrwacher), alle prese con la prima esperienza di maternità. Suo marito Giorgio (Adriano Giannini) è un ingegnere e trascorre lunghi periodi all’estero per lavoro. Monica combatte una silenziosa battaglia contro la solitudine e la paura di diventare un giorno come sua madre, ricoverata in clinica per disturbi mentali. Giorgio capisce che non potrà più allontanarsi da sua moglie e sua figlia. Forse però è troppo tardi.
Dora (Margherita Buy) è una giudice, come suo marito Vittorio (Nanni Moretti). Abitano all'ultimo piano insieme al figlio di vent'anni, Andrea (Alessandro Sperduti). Una notte il ragazzo, ubriaco, investe e uccide una donna. Sconvolto, chiede ai genitori di fargli evitare il carcere. Vittorio pensa che suo figlio debba essere giudicato e condannato per quello che ha fatto. La tensione tra padre e figlio esplode, fino a creare una frattura definitiva tra i due. Vittorio costringe Dora a una scelta dolorosa: o lui o il figlio.
 

COMMENTO   Mai prima d'ora Moretti - da sempre caustico critico della sua generazione e della sua classe sociale, e dell'Italia tutta - era stato così severo. Così algido e livido, così determinato a non concedere nulla a nessuno. A sé stesso e al suo ego; allo spettatore; ai suoi personaggi. Tutto è in sottrazione, fino alle estreme conseguenze, per raccontare del fallimento di una borghesia ripiegata su sé stessa e sulle proprie regole al punto di smettere di esser viva, e di tradire o deludere i propri figli. Ma è grazie a loro, e all'irrompere imprevisto della vita, che Tre piani sembra lasciar intravedere una speranza per il futuro. E forse, anche un nuovo inizio cinematografico per l'autore. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
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Nanni Moretti celebra il funerale della borghesia
Vent'anni dopo la vittoria della Palma d'oro con La stanza del figlio, Nanni Moretti torna al Festival di Cannes con il suo nuovo film Tre Piani, il primo tratto da un soggetto non originale. Un film severissimo, che non concede nulla né ai personaggi né allo spettatore, e tantomeno all'ego del suo autore.
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Una giovane donna incinta che esce di casa per partorire; un'auto impazzita che investe una passante e sconquassa, letteralmente, il condominio dove tutto si svolge (e una bambina osserva).
Nanni Moretti mette in chiaro fin da subito che Tre piani parla di vita e di morte. Una morte che, in un condominio che è mausoleo, limbo ultraterreno, prigione emotiva, può essere tale anche in vita.
Tre piani, un palazzo, tre storie che s'intrecciano: l'inflessibile giudice che non perdona il figlio per quell'incidente d'auto da ubriaco, e sua moglie in perenne tensione tra il marito e il ragazzo; una madre sola, tanto da essere soprannominata "la vedova" dai genitori dei compagni della figlia, tanto da finire per dubitare della sua sanità mentale; due famiglie unite da un sospetto atroce (la pedofilia) e da un rapporto sessuale non pedofilo ma comunque sbilanciato, e inopportuno.

Mai Moretti era stato così severo.
Così algido e livido, così determinato a non concedere nulla a nessuno. A sé stesso, allo spettatore - non c'è spazio nemmeno per una risata, né per una commozione che non sia sorda e dolorosa, e mai liberatoria - e ai suoi personaggi, in un film dove l'operazione di sottrazione è intensa e costante, fino al sottovuoto esistenziale: nella scrittura e nella regia. Nella recitazione.
I personaggi di Tre piani sono inerti, sono fantasmi, sono robot. Esseri umani devitalizzati (e non sempre è facile capire dove finisce l'ossessione di Moretti per questo stato indotto di devitalizzazione, e dove inizino invece i limiti di certe recitazioni).

Solo il contatto coi i figli, coi bambini così amati e toccati e stretti, sembra poter dare ai protagonisti di Tre piani l'occasionale scintilla della vita, quella vita che sfuma anno dopo anno, quinquennio dopo quinquennio, e della quale ci si accorge solo quando si lasciano le abitazioni così impeccabili e così fredde, e ci si accorge di quel che c'è fuori, per la strada, nel mondo.
Fosse pure una rivolta contro gli immigrati, una manciata di arnie in un bosco, o un corteo di ballerini di tango, come quello di un finale nel quale Moretti sembra quasi, e quasi con sottile ansia, voler riaffermare il legame con il suo cinema passato, con quella parte di sé che ha negato per tutto il film.

Da sempre caustico critico della sua generazione e della sua classe sociale, Moretti qui sembra voler additare e insieme seppellire definitivamente tanto le speranze quanto gli errori del passato.
Celebrare il funerale di una borghesia che si è chiusa nelle sue case, nel suo benessere, nella sua indifferenza, che si è aggrappata alle sue ossessioni e alle sue regole, e ha smesso di essere.
Sta ai suoi figli cercare nuove strade ("questa non è la nostra strada", ripetono alcuni personaggi, condannando sé stessi e loro figlio), partire per nuovi orizzonti, nuove libertà, nuove vite.

Difficile dire perché Moretti si sia cimentato in un film tanto duro e spiazzante, e in una storia così angosciante, e inquietante.
Forse ci sono ragioni personali, forse storiche. Forse il Moretti "profetico" ci ha intravisti reclusi in casa per la pandemia, soli coi nostri vuoti, aiutati solo dalla vitalità dei nostri figli.
Forse aveva solo voglia di percorrere fino in fondo e alle estreme conseguenze - oltre sarebbe davvero difficile andare - un cammino iniziato con Habemus Papam e proseguito con Mia madre.
Per prepararsi a cambiare nuovamente, a rinascere a nuovo cinema, con il prossimo film.

di Federico Gironi
Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival