Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 La terra dei figli (La terra dei figli)

 
pic_movie_1449   NUM   1449  
  DATA E CINEMA   2021.07.04 FIUME  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Claudio Cupellini  
  ATTORI   Valerio Mastandrea, Valeria Golino, Fabrizio Ferracane, Maria Roveran, Paolo Pierobon, Maurizio Donadoni, Franco Ravera, Camillo Acanfora, Michelangelo Dalisi, Leon De La Vallée  
  PRODUTTORE   Indigo Film, Rai Cinema, Wy Productions  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   Italia  
  CATEGORIA   Drammatico  
  ANNO   2021  
  DURATA   120 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   https://www.comingsoon.it/film/la-terra-dei-figli/58870/scheda/  
 
 
 

DESCRIZIONE   La terra dei figli, film diretto da Claudio Cupellini, racconta di un mondo post-apocalittico, dominato dalla violenza, nel quale un padre tenta di crescere i suoi figli, preparandoli ad affrontare una dura vita.
È una storia di formazione, che racconta come un adolescente si ritrovi costretto a lottare per sopravvivere in un mondo ostile. Il ragazzo ha 14 anni e insieme a suo padre è tra pochi superstiti rimasti. I due vivono in una palafitta vicino a un lago e, ora che il concetto di società è stato completamente annientato, l'incontro con ogni persona può rivelarsi fatale. Per questo ogni giorno si rivela una lotta alla sopravvivenza.
Quando il padre muore, al figlio non resta altro che un quaderno, dove sono raccolti tutti i pensieri del genitore, ma il ragazzo non sa leggerlo ed è per questo che si mette in viaggio alla ricerca di qualcuno che non lo tratti in modo ostile e che possa decifrare quelle pagine. Solo leggendo i pensieri del padre, il giovane scoprirà non solo il lato più personale e sentimentale dell'uomo, ma anche il suo passato, rimasto finora ignoto.
 

COMMENTO   Nella mani di Claudio Cupellini e dei suoi co-sceneggiatori Filippo Gravino e Guido Iuculano, il racconto essenziale di Gipi viene ancor più scarnificato, per raccontare la storia di un Padre e di un Figlio, e della distanza che li unisce. Al cinema dal 1° luglio con 01 Distribution. Recensione di Federico Gironi.
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Il fumetto di Gipi da cui si è partiti per questo film era già di suo un racconto molto essenziale, a partire dal bianco e nero dei disegni. Nelle mani di Claudio Cupellini (e dei suoi co-sceneggiatori Filippo Gravino e Guido Iuculano) quell'essenzialità è stata ulteriormente esasperata, e la narrazione ridotta all'osso. Ne sono prova, tanto per fare esempi, il fatto che i due figli del fumetto siano diventati uno solo nel film, e che - a grandi linee - la seconda parte della storia scritta e disegnata da Gipi qui sia stata quasi completamente omessa.
Perché La terra dei figli di una e una sola cosa vuole parlare: di un figlio che vuole arrivare a comprendere e conoscere un padre dopo la sua morte, attraverso la lettura delle pagine di quel quaderno che il genitore gli aveva negato non insegnandogli mai a leggere. A entrare in contatto con lui dopo una vita passata assieme, ma al tempo stesso a enorme distanza.
Ma non solo nella trama, la terra dei figli è essenziale (e quindi, per potersi permettere di esserlo, curatissimo). Lo è anche nella messa in scena, nelle poche parole messe in bocca ai protagonisti, nella visualizzazione accuratissima e personale di un mondo post-apocalittico che oramai ci sembra così drammaticamente familiare, tante volte ce lo siamo visti raccontare, o ce le siamo raccontati, noi che abbiamo vissuto e stiamo vivendo un'epoca di spade di Damocle climatiche, incidenti nucleari, virus impazziti.

Esiste un filo rosso sottile ma evidente che unisce questo nuovo film di Claudio Cupellini a The Road (nella sua versione letteraria, certo, ma anche in quella cinematografica diretta da John Hillcoat); a Light of My Life di e con Casey Affleck; alla serie Anna di Niccolò Ammaniti tratta dal suo omonimo romanzo (dove è presente anche il tema del manoscritto cruciale lasciato in eredità).
In tutti, la medesima storia: una catastrofe (quella che qui viene chiamata "la fine"); la lotta per la sopravvivenza in un mondo reso ancora più spietato e crudele del nostro; un genitore e un figlio.
Quel che cambia, il modo in cui il genitore cerca di proteggere e preparare il figlio a una vita senza di lui in quel contesto.
Al netto delle differenze di approccio alla genitorialità (qui il Padre è di quelli vecchio stile, dove l'autorità viene prima dell'affettività), verrebbe da chiedersi come mai, nell'arco di pochi anni, tanta insistenza sulla stessa questione: ma la risposta sarebbe tristemente ovvia.
E non serve essere analisti freudiani per poter sottolineare come Cupellini questo film l'abbia pensato, voluto e realizzato dopo la paternità, e quindi quando presumibilmente ha iniziato a interrogarsi con sguardo nuovo sul mondo che stiamo lasciando in eredità alle nuove generazioni, che tipo di insegnamento stiamo dando loro, e come glielo stiamo trasmettendo.

Cupellini sembra perfettamente consapevole del fatto che il suo film batta territori narrativi già segnati, ed è per questo che asciuga al massimo intreccio e parole da un lato, e lavora così tanto sull'immagine dall'altro.
Ispirandosi alle tavole di Gipi, il post-apocalittico della Terra dei figli è ricreato nelle terre del Polesine, nel Delta del Po, nei Chioggiano, con il direttore della fotografia Gergely Poharnok e lo scenografo Daniele Fabretti a dare un contributo fondamentale alla esibizione di un mondo desolato e desolante, spoglio, senza alcuna traccia di barocco fantasy (e d'altronde, non siamo mica in Sicilia, a Bagheria, come invece in Anna: e questa differenza geografico-estetica si fa anche ideologica e filosofica).
Le parole, poche, emergono quando serve. Messe in bocca agli attori giusti, come Paolo Pierobon, o Fabrizio Ferracane. Arrivano nel momento chiave del film, quando al Figlio vengono lette le pagine scritte del Padre, e con quelle, finalmente, viene raccontata la Verità sulla loro storia.
Che a leggerle sia lo stesso personaggio, il Boia, (un Mastrandrea adeguatamente mascherato, da sub), che aveva incrociato il suo sguardo con il Padre prima della sua morte, non è un dettaglio casuale, e sottolinea ancora di più la commozione di una scena, e di un film, orchestrato con sobria precisione.

di Federico Gironi

Critico e giornalista cinematografico
Programmatore di festival