Lista visioni cinematografiche di Luciano


 
 The Hateful Eight (The Hateful Eight)

 
pic_movie_1045   NUM   1045  
  DATA E CINEMA   2016.02.06 FIUME  
  RASSEGNA    
 
     
  REGISTA   Quentin Tarantino  
  ATTORI   Channing Tatum, Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Walton Goggins, Jennifer Jason Leigh, Tim Roth, Zoe Bell, Michael Madsen, Bruce Dern, Demiàn Bichir, Dana Gourrier, James Parks, Gene Jones, Lee Horsley, Craig Stark  
  PRODUTTORE   The Weinstein Company  
  SCENEGGIATORE    
  COMPOSITORE    
  PAESE   U.S.A.  
  CATEGORIA   Western  
  ANNO   2015  
  DURATA   168 minuti  
  LINGUA    
  SOTTOTITOLI    
  URL   http://www.thehatefuleight.com  
 
 
 

DESCRIZIONE   Qualche anno dopo la Guerra civile, una diligenza corre attraverso il Wyoming innevato. I passeggeri, il cacciatore di taglie John Ruth e la donna che ha catturato, Daisy Domergue, sono diretti verso la città di Red Rock dove Ruth, chiamato da quelle parti “Il Boia”, consegnerà Domergue nelle mani della giustizia. Lungo la strada incontrano due sconosciuti: il maggiore Marquis Warren, un ex soldato nero dell’Unione diventato uno spietato cacciatore di taglie, e Chris Mannix, un rinnegato del Sud che sostiene di essere il nuovo sceriffo della città.
A causa di una bufera di neve, Ruth, Domergue, Warren e Mannix cercano rifugio nell’emporio di Minnie, una stazione di posta per le diligenze tra le montagne. Quando arrivano, non trovano la proprietaria, ma quattro facce sconosciute. Bob che si occupa del rifugio mentre Minnie è in visita alla madre; Oswaldo Mobray, il Boia di Red Rock; il mandriano Joe Gage e il Generale confederato Sanford Smithers. Mentre infuria la tempesta, i nostri otto viaggiatori scopriranno che forse nessuno di loro riuscirà mai ad arrivare a Red Rock...
 

COMMENTO   C’era una volta Quentin Tarantino, il cineasta originario di Knoxville che, appassionato di celluloide di genere e dichiarato estimatore dei b-movie italiani risalenti agli anni Sessanta e Settanta, ci convinse attraverso l’eccellente “Pulp fiction” (1994) che alla Settima arte, ormai arrivata ad una notevole saturazione di idee originali, non rimaneva altro da fare che cercare l’innovazione rimescolando in maniera narrativamente atipica situazioni e argomenti già portati sullo schermo.
Ma soltanto dopo aver sbalordito pubblico e critica con il violento e sboccato gangster movie “Le iene” (1992), ambientato quasi interamente all’interno di uno spazio chiuso proprio come il suo secondo western, che, a tre anni dal non riuscitissimo “Django unchained” (2012), qualche tempo più tardi della Guerra civile s’immerge nell’affascinante Wyoming innevato – ricordando “Il grande silenzio” (1968) di Sergio Corbucci – per rinchiudere il cocchiere James Parks e altri più o meno loschi otto individui in una stazione di posta per le diligenze.
Otto individui spazianti dal cacciatore di taglie Kurt Russell alla Jennifer Jason Leigh che ha catturato; passando per l’ex soldato nero dell’Unione Samuel L. Jackson, il presunto nuovo sceriffo Walton Goggins, il boia Tim Roth, il mandriano Michael Madsen, Demian Bichir, addetto al rifugio, e il generale confederato Bruce Dern.
E, con annesso intuibile omaggio a “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974) di Umberto Lenzi, è proprio il racconto che viene fatto a quest’ultimo a proposito di suo figlio a rientrare tra i momenti maggiormente memorabili dell’insieme, diviso in capitoli e volto in maniera evidente a giocare sul continuo ribaltamento dei concetti di tradimento e lealtà.
Anche perché, tra tipici dialoghi tarantiniani infarciti d’immancabile ironia e tensione destinata a salire fotogramma dopo fotogramma, più che l’impressione di assistere ad un titolo appartenente al genere segnato da “Per un pugno di dollari” (1964) e “Il mucchio selvaggio” (1969), si prova quasi quella di avere davanti agli occhi una rilettura de “La cosa” (1982) di John Carpenter tramite il filone reso grande da Sergio Leone e Sam Peckinpah.
Complice non solo una seconda parte dal sapore horror sguazzante in teste deflagrate ed abbondanti schizzi di liquido rosso, ma anche e soprattutto la figura della donna rappresentata in qualità di manipolatrice della mente del sesso maschile, proprio come lo fu la creatura aliena nel capolavoro fantascientifico dell’autore di “Halloween – La notte delle streghe” (1978).
Capolavoro oltretutto musicato dallo stesso Ennio Morricone qui responsabile dell’ottima colonna sonora che, insieme alle lodevoli performance sfoggiate dal cast e all’impeccabile fotografia di Robert Richardson, rientra tra i pregi più grandi di una non breve ma tanto lenta quanto coinvolgentissima visione cui giova ulteriormente la scelta di aver recuperato il formato di ripresa Ultra Panavision 70, abbandonato dai tempi di “Khartoum” (1966) di Basil Dearden ed Eliot Elisofon.
Scelta che, nell’epoca della freddezza del digitale e dell’effettistica in CGI (in parte presente anche in questo caso), contribuisce a trasportare il tutto nel calore del grande cinema di una volta: sporco, cattivo, ma tutt’altro che brutto.

La frase:
-"È così che i negri trattano le signore?"
-"Tu non sei una signora".
a cura di Francesco Lomuscio